Il Mistero della Passione di Cristo nei poemi teologici di Cosma di Maiuma per la Settimana Santa
P. Onufry (Oleh Kindratyshyn)
Capitolo 2. Cosma il Melodo alle sorgenti del genere poetico del canone
2.1. Le caratteristiche della poesia di Cosma il Melodo
2.2. Cosma il Melodo e l’origine del canone
2.3. I componimenti di Cosma della Settimana Santa nella liturgia bizantina
2.4. L’analisi metrica della poesia di Cosma della Settimana Santa
Capitolo 2. Cosma il Melodo alle sorgenti del genere poetico del canone
2.1. Le caratteristiche della poesia di Cosma il Melodo
Il nome di Cosma il Melodo è ben noto nella tradizione dell’innografia bizantina. Cosma è il secondo dopo Romano che ha meritato l’onore del titolo Μελῳδός[1]. Le opere di Cosma subito sono entrate nei libri liturgici e sono cantate fino ad oggi[2]. Il primo studio generale su Cosma il Melodo è fatto da S. Eustratiades che è riuscito a comporre un elenco dei poemi di Cosma[3]. Th. Detorakis, però, ne osserva omissioni che tende a correggere, facendo un nuovo elenco delle opere di Cosma, che contiene 173 irmi, 33 canoni, 83 idiomela, il Contacio per la Dormizione della Madre di Dio, anche 6 triodia, diodia e tetraodia, 30 stichera prosomoia[4]. Tuttavia, il lavoro per stabilire la collezione completa ed autentica degli inni di Cosma il Melodo sulla base dell’analisi del contenuto delle sue opere ancora non è stato fatto[5]. Per attribuzione giusta degli inni di diversi poeti bizantini occorre studiare il vocabolario, la metrica di questi inni e, nel caso di Giovanni Damasceno, comparare il linguaggio degli inni con la lingua delle sue omelie. Questa possibilità di confronto, purtroppo, è inattuabile per gli inni di Cosma, ma l’eredita letteraria di Cosma sembra di presentare i pochi casi dubbi[6].
Secondo i commentari di Gregorio Pardos (+1156)[7] e di Teodoro Prodromo (+1170 ca.)[8] Cosma il Melodo compose una serie dei canoni festivi secondo il ciclo di 8 toni con l’ordinamento seguente: il canone per il Natale – tono 1°, per l’Epifania – tono 2°, per la Presentazione del Signore – tono 3°, per la Domenica delle Palme – tono 4°, per il Giovedì Santo – tono 2° plagale, per la Pentecoste – tono 3° plagale, per l’Esaltazione della Croce – tono 4° plagale (manca il canone per il tono 1° plagale)[9]. Dunque, la serie inizia con il Natale e termina con la festa dell’Esaltazione della Croce, cioè dal dicembre al settembre, e non conformemente con l’inizio dell’anno liturgico bizantino dal 1° settembre. La scelta della struttura musicale del ciclo dei canoni di Cosma non è fortuita: è noto dall’omelia di Giovanni Crisostomo per l’occasione della festa di San Paolo il 28 dicembre, che l’anno liturgico in ambiente siro-palestinese iniziava con la festa della Natività di Cristo[10].
Le caratteristiche principali dei canoni di Cosma sono: l’uso degli acrostici, dell’efimnio (ritornello alla fine di strofe), l’assenza della seconda ode, l’uso raro dei theotokia. Dato che non troviamo questi elementi nella stessa misura in altri poeti, essi possono costituire le caratteristiche distintive dei canoni di Cosma, ciò potrebbe aiutare nell’attribuzione di opere dubbie[11].
L’uso degli acrostici è un fenomeno diffuso negli innografi bizantini, Cosma li usa quasi sempre; incontriamo gli acrostici versificati in forma del giambo. Cosma non esclude mai gli irmi dall’acrostico; però, nel caso del prestito degli irmi altrui preferisce comporre canoni senza acrostici[12].
L’efimnio (ritornello alla fne di strofe),costituendo il tratto particolare dell’inno del contacio, si trova di solito nell’ode 1° e quasi sempre nelle odi 7° e 8° di un canone. Se gli altri canonografi compongono i tropari provvisti dell’efimnio molto raramente, in Cosma l’uso dell’efimnio costituisce una caratteristica persistente. Alcuni suoi canoni contengono l’efimnio addirittura in tutte le odi. Se per gli altri poeti l’efimnio costituisce piuttosto eccezione, per Cosma il Melodo è una regola[13].
I canoni di Cosma sono caratterizzati dall’assenza dell’ode 2°. Infatti, in nessuno dei canoni conosciuti di Cosma esiste l’ode 2°, e nessuno può affermare che esisteva essendo persa a causa di disuso, perché gli acrostici servono come misure[14]. Per quanto riguarda i tre canoni di Cosma provvisti con l’ode 2° esposti nell’Heirmologion di S. Eustratiades[15], sia Th. Detorakis sia R. Krivko non accettano la paternità di Cosma dell’ode 2° in questi canoni, a causa dell’incoerenza agli acrostici[16].
La questione dell’ode 2° nei canoni liturgici bizantini appare come un problema che sta ancora lontano dalla soluzione[17]. Nonostante le varie teorie non conosciamo il motivo dell’omissione dell’ode 2° nei canoni; perché una ode era omessa nei canoni di 9 odi, e perché quella era la seconda ode? – sono le questioni per cui la risposta non è ancora trovata[18]. Il problema dell’omissione dell’ode 2° è posta dal XII sec. Giovanni Zonara (XII), Teodoro Prodromo (+1170 ca.), Nicodemo Hagiorita (+1809) ed altri studiosi collegano la presenza e l’omissione dell’ode 2° con il contenuto penitenziale del cantico biblico di Dt 32,1-43; un altro gruppo degli studiosi riflettono l’omissione dell’ode 2° nella luce dell’uso liturgico (l’influenza degli innografi importanti: W. Weyh, L. Bernhard; l’istruzione del Typikon: P. Trempelas; la posizione del canone nelle liturgie)[19]. Gli studiosi ravvisano nei sec. VII-VIII le due tradizioni riguardo all’ode 2°: Andrea di Creta e Germano di Costantinopoli la usavano sempre (o quasi sempre), Giovanni e Cosma non la usavano[20]. L. Bernhard cerca di spiegare questo fenomeno: visto che esistono i manoscritti del Salterio (con le Odi allegate) non contenenti l’ode di Mosè di Dt 32,1-43, essa non era nell’uso liturgico dappertutto; ciò permette di ammettere che per Cosma (in assoluto) e per Giovanni Damasceno (con molta probabilità) l’ode di Mosè di Dt 32,1-43 non faceva parte del canone delle odi bibliche, e così non c’era fondo per comporre l’ode poetica. Nell’ambiente di Cosma e Giovanni l’ode 2° (Dt 32,1-43) è stata eliminata (a causa della lunghezza eccessiva) ancora prima dell’elaborazione poetica da parte dei due grandi poeti. In seguito la forma elaborata dai due grandi melodi è diventata norma per tutta la poesia dei canoni[21]. Secondo me, siccome nei sec. VII-IX non esisteva un solo typikon liturgico obbligatorio per tutti, possiamo ammettere che diversi monasteri potrebbero avere le sue particolarità nella vita liturgica, in particolare riguardo all’uso dell’ode 2°.
Alcuni canonografi (p.es. Andrea di Creta) concludono ogni ode con il tropario dedicato alla Madre di Dio, cioè il theotokion, che dal IX sec. diventa un elemento costante. Cosma il Melodo lo usa raramente; ci sono soltanto tre suoi canoni contenenti i theotokia in alcune odi e un solo canone contenente in tutte le odi[22].
A differenza dei canonidi Andrea di Creta composti da molti tropari, le odi dei canoni di Giovanni Damasceno e di Cosma di Maiuma sono composte da un piccolo numero dei tropari. Di solito le odi dei canoni di Cosma contengono 2-3 tropari, molto raramente si raggiunge a 4 tropari e in un solo caso troviamo l’ode con 5 tropari (ode 8° del Canone per la Trasfigurazione), mentre esistono le odi con uno solo tropario(le odi 3°, 5° e 6° del Canone per la Pentecoste), cosa che non troviamo in nessun altro innografo bizantino. Cosma non segue nessuno schema nel numero dei tropari nelle odi, infatti, nessun canone è simile all’altro né in struttura, né in numero dei tropari[23].
La poesia di Cosma è caratterizzata dalla ricchezza del contenuto, dallo stile elevato, dalla maestosità delle frasi (particolarmente in irmi), dai voli poetici irripetibili e dal lirismo elevato. Anche se i canoni di Cosma sono distanti dall’ampollosità naturale e semplicità dei contaci di Romano il Melodo, nondimeno anche in essi si sente l’ispirazione, sensitività ed entusiasmo[24]. Secondo S. Eustratiades, Cosma come melodo e poeta ecclesiale possiede il secondo posto dopo Romano il Melodo. L’altezza dello stile di Cosma è irraggiungibile per gli altri canonografi. Mentre la poesia di Giovanni Damasceno è caratterizzata dalla semplicità, chiarezza, limpidezza e dolcezza delle frasi, quella di Cosma viene qualificata con la severità di espressioni e con il lirismo ispirato[25].
La poesia di Cosma è irreprensibile dal punto di vista teologico. I canoni di Cosma con efficienza possono stimolare un cristiano alla gioia, entusiasmo o al pentimento. Cosma il Melodo è un poeta colto ed aristocratico. La sua poesia possiede una solennità impressionante, la sua lingua sale ad altezze inaccessibili ad un uomo semplice ed incolto. La ricchezza delle immagini costituisce un altro tratto caratteristico del grande poeta. Soprattutto le immagini bibliche sono fino a tal punto eccezionali a cui simili sarebbe difficile trovare in un altro innografo, p.es.[26]:
Ἡ τὸ ἄσχετον κρατοῦσα καὶ ὑπέρροον ἐν αἰθέρι ὕδωρ, ἡ ἀβύσσους χαλινοῦσα καὶ θαλάσσας ἀναχαιτίζουσα θεοῦ σοφία … – La Sapienza di Dio che regge nell’etere le travolgenti acque superiori, che tiene con le redini gli abissi e trattiene i mari …
Cosma il Melodo si appella all’eredità antica più di tutti gli innografi bizantini; ci sono parole rare ed espressioni poetiche prese direttamente o indirettamente dalla cultura greca antica. Le frasi di Omero e dei tragici sono usate con audacia e adattate ai testi dei canoni. Ci sono le parole, soprattutto quelle composte, che si incontrano per la prima volta e soltanto in Cosma, ciò dimostra la plasticità della lingua del grande poeta[27].
Varie forme dell’elocuzione usate da Cosma rendono lo stile vivace e dinamico. Le antitesi composte dal Melodo spesso sono non soltanto lessicali, ma anche concettuali, che mettono a confronto le persone ed azioni contrarie[28]:
– Ὅτε ἡ ἁμαρτωλὸς προσέφερε τὸ μύρον, τότε ὁ μαθητὴς συνεφώνει τοῖς παρανόμοις· – Mentre la peccatrice offriva il profumato unguento, proprio allora il discepolo si accordava con gli iniqui;
– ἡ μὲν ἔχαιρε κενοῦσα τὸ πολύτιμον· ὁ δὲ ἔσπευδε πωλῆσαι τὸν ἀτίμητον· – essa si rallegrava versando l’olio preziosissimo, mentre l’altro si studiava di vendere colui che non ha prezzo;
– αὕτη τὸν Δεσπότην ἐπεγίνωσκεν, οὗτος τοῦ Δεσπότου ἐχωρίζετο· – essa riconosceva in lui il Sovrano, mentre quello se ne separava;
– αὕτη ἠλευθεροῦτο, καὶ ὁ Ἰούδας δοῦλος ἐγεγόνει τοῦ ἐχθροῦ· – essa fu liberata, mentre Giuda divenne schiavo del nemico.
– δεινὸν ἡ ῥᾳθυμία, μεγάλη ἡ μετάνοια· … – Quanto è orrenda la noncuranza e quanto grande il pentimento! …
Notiamo una bella serie delle antitesi nell’ode 6° del tetraodio per il Sabato Santo[29]:
– Συνεσχέθη, ἀλλ’ οὐ κατεσχέθη στέρνοις κητῴοις Ἰωνᾶς … – Fu preso Giona, ma non trattenuto nel ventre del mostro marino …
– Ἀνῃρέθης, ἀλλ’ οὐ διῃρέθης, λόγε, ἧς μετέσχες σαρκός … – Sei stato ucciso, o Verbo, ma non separato dalla carne assunta …
– Βροτοκτόνον, ἀλλ’ οὐ θεοκτόνον ἔφυ τὸ πταῖσμα τοῦ Ἀδάμ … – Omicida, ma non deicida fu la colpa di Adamo …
– Βασιλεύει, ἀλλ’ οὐκ αἰωνίζει ᾅδης τοῦ γένους τῶν βροτῶν … – Regna l’ade sulla stirpe dei mortali ma non in eterno …
L’isosillabismo e l’omotonia, le due leggi fondamentali della poesia del canone, vengono seguite fedelmente da Cosma il Melodo; da qualche parte troviamo gli esempi della rima vera e propria[30]. Per quanto riguarda le figure retoriche Cosma ne applica le metafore coraggiose, i parecchi ossimori, le allitterazioni con il riscontro dei componenti della parola composta; così il linguaggio dogmatico e la raffinatezza del greco antico vengono alleggeriti, la poesia ottiene la leggerezza e l’allegria[31].
Come afferma Th. Detorakis, l’ipotesi di E.A. Pezopoulos, secondo cui negli inni di Cosma si può ritrovare i metri quantitativi della prosodia greca classica, è infondata e non sopporta una critica seria; i poemi di Cosma indiscutibilmente seguono il ritmo tonico basato sulla nuova prosodia bizantina, di cui la regola principale consiste nella stretta corrispondenza tra l’irmo e tropari nello stesso numero delle sillabe e negli accenti uguali; la melodia degli inni potrebbe essere qualificata come ritmo-tonica[32]. Gli acrostici dei canoni di Cosma, invece, spesso sono composti nel trimetro giambico e in un solo caso nell’esametro dattilico (il canone per la Trasfigurazione di Cristo: Χριστὸς ἐνὶ σκοπιῇ σέλας ἄπλετον εἴδεος ἧκε)[33].
Cosma il Melodo è contemporaneamente un poeta e compositore, le sue opere testimoniano un ingegno eminente delle conoscenze poetiche e musicali. I biografi di Cosma non si stancano d’esaltare le sue virtù, chiamandolo con i titoli figurativi: la fonte mossa dallo Spirito Santo, la sorgente abbondante dei canti traboccanti, l’iniziatore delle melodie spirituali, assolutamente il primo tra tutti i compositori degli inni, la più corretta regola armonica, il suono piacevole all’ascolto, il cantore lottatore con gli angeli, lo strumento soave dei canti dello Spirito, la lira ispirata da Dio ed affascinante, la cicala dei molti canti, l’usignolo divino, la cetra melodiosa, la rondine risonante, la corda della musica ben segnata, stilo d’abile scriba, la gloria dei cantori gradevoli, ecc.[34] Sembra che i grandi melodi dell’VIII sec., gli iniziatori del nuovo genere poetico, il canone, hanno riformato l’arte della musica ecclesiastica, introducendo molti elementi nuovi[35].
L’autore del lessico Suda (il tardo X sec.) considera Cosma come un uomo molto intelligente (ἀνὴρ εὐφυέστατος), dotato del grande talento musicale (πνέων μουσικὴν ὅλως τὴν ἐναρμόνιον); i canoni di Cosma e Giovanni sono incomparabili (οἱ γοῦν ᾀσματικοὶ κανόνες Ἰωάννου τε καὶ Κοσμᾶ σύγκρισιν οὐκ ἐδέξαντο οὐδὲ δέξαιντο)[36].
Nel Menologio di Basilio II (X-XI) Cosma viene menzionato come un grande innografo e melodo: S. Giovanni diventò monaco insieme con Cosma, di cui sono molti inni e melodie per le feste sante e soprattutto per la Santa e Grande Settimana preceduta alla Pasqua[37].
Giorgio Cedreno (XI sec.) in Compendium historiarum insiste sul titolo Melodo con cui vengono chiamati i grandi innografi tra i quali è Cosma di Maiuma:
Questo Santo Giovanni è chiamato anche “il Melodo” insieme con Cosma, il vescovo di Maiuma, e con Teofane, fratello di Teodoro, detti Grapti, perché loro componevano gli inni istituiti per il canto nelle chiese cristiane[38].
Il Sinassario della Chiesa di Costantinopoli informa del grande successo di Cosma nell’innografia: egli è autore dei canoni, tropari e delle altre composizioni (κανόσι τε καὶ τροπαρίοις καὶ ἑτέροις συγγράμμασιν)[39]. Cosma il poeta-compositore dei tropari e canoni è menzionato anche nella vita di S. Giovanni Damasceno, esposta nello stesso Sinassario:
… [S. Giovanni Damasceno] abbracciò la vita solitaria, insieme con il beato Cosma, divenuto poi il vescovo di Maiuma. Loro, ispirati dalla grazia divina, per mezzo dei diversi tropari e moltissimi canoni, lodavano Dio, la Madre di Dio e molti santi. Sono ancora cantati da tutti i loro canti destinati per la gloria divina. Seguendo, dunque, la vita ascetica i loro due nello stesso modo … Il famoso Cosma, anche egli studiando la Divina Scrittura, ha offerto per la Chiesa le moltissime e numerose opere, e lascò questa vita in pace[40].
La Vita Damascenica Marciana tratta della fortuna nell’innografia di Cosma, autore dei tropari e dei canoni che sono cantati nella Chiesa di Dio fino ad oggi[41].
Le notizie della Vita Athoniensis Laurae fanno pensare alla grande riforma della musica in cui faceva parte Cosma il Melodo[42]. Dalle opere poetiche di Cosma la Vita Athoniensis Laurae conosce i canoni per il Natale, per l’Epifania, la Presentazione del Signore, per la Domenica delle Palme, per la Trasfigurazione, per l’Esaltazione della Croce, della Settimana Santa. In modo indefinito sono menzionati l’inno dedicato alla Madre immacolata del Verbo Dio-uomo e gli inni dedicati alle tremende passioni dei martiri (τῇ τε πανάγνῳ μητρὶ τοῦ θεανθρώπου Λόγου καὶ μαρτυρικοῖς ἄθλοις φρικωδεστάτοις)[43].
L’autore della Vita Damascenica Hierosolymitana loda il poeta Cosma per il suo grande successo nell’innografia[44]. La Vita di Giovanni e Cosma di Giovanni Mercuropulo esamina l’opera di Cosma in modo analitico; Giovanni Mercuropulo ci riporta il catalogo delle opere di Cosma il Melodo, menzionando gli inni della Quaresima, i canoni della Settimana Santa, i canoni per la Pentecoste, per il Natale, per l’Epifania, per la Trasfigurazione, per l’Esaltazione della Croce, per la Dormizione della Madre di Dio, per i santi Giuseppe, Davide, Giacobbe, Giuda e Simeone, per San Proterio di Alessandria, per San Giorgio, per i santi martiri Mena e Vincenzo, per San Giobbe, ecc.[45]
La Vita di Halki parla poco dell’attività poetica di Cosma il Melodo; dice però che a Gerusalemme Giovanni e Cosma cominciarono la loro opera poetica e musicale[46]; Cosma viene riconosciuto come l’autore del canone per l’Esaltazione della Croce[47].
L’autore della Vita Atheniensis considera Cosma e Giovanni Damasceno come inventori del canto nuovo, cioè del nuovo genere poetico, il canone[48]. Anche la Vita Vaticana attribuisce l’invenzione del canone come nuovo genere poetico ai due fratelli adottivi poeti Cosma e Giovanni[49].
Con l’uso coerente degli acrostici, dell’efimnio, dei dialoghi drammatici, elementi che costituiscono l’eredita dell’inno del contacio, i canoni di Cosma sono vicini a questo genere poetico ecclesiale[50]. Nei poemi di Cosma spesso si osserva la tendenza alla narrazione, introdotta con le parole: ἐβόα (diceva gridando), ἔλεγε (diceva), ἔφη (ha detto), ἔφησας (hai detto), ecc.[51]:
– Ὑμᾶς μου τότε μαθητὰς πάντες γνώσονται, εἰ τὰς ἐμὰς ἐντολὰς τηρήσετε, φησὶν ὁ Χριστὸς τοῖς φίλοις πρὸς πάθος μολῶν … – Tutti vi riconosceranno per miei discepoli se osserverete i miei comandamenti, dice il Salvatore agli amici, andando verso la passione …
– Ἀφορῶντες εἰς ἐμὲ, εἶπας, κύριε, τοῖς μαθηταῖς, μὴ φρονεῖτε ὑψηλὰ … – Guardate a me, hai detto, Signore, ai tuoi discepoli, e non pensate cose alte …
– Τοῖς μαθηταῖς ὁ ἀγαθὸς, γρηγορεῖτε, ἔφησας … – Dicevi, o buono, ai discepoli: Vigilate …
– Λέγει πορευθεὶς [ὁ Ἰούδας] τοῖς παρανόμοις ἄρχουσι, τί μοι δοῦναι θέλετε; κἀγὼ Χριστὸν ἡμῖν | τὸν ζητούμενον τοῖς θέλουσι παραδώσω … – Recatosi dagli iniqui capi egli dice: Che volete darmi perché io vi consegni il Cristo che volete, il ricercato? …
Talvolta la narrazione si evolve alla forma del dialogo che qualche volta si svolge in due o più tropari creando lo stile veramente drammatico. L’ode 9° del tetraodio per il Sabato Santo presenta un dialogo tra Gesù morto e la sua Madre dolorosa; l’irmo inizia con l’invocazione impressionante: Non piangere per me, o Madre, vedendo nella tomba il Figlio (Μὴ ἐποδύρου μοι, μῆτερ, καθορῶσα ἐν τάφῳ … υἱόν)[52]. La Madonna dolente risponde: ora, Dio mio, vedendoti morto, senza respiro, sono orribilmente straziata dalla spada del dolore (νῦν δέ σε, θεέ μου, ἄπνουν ὁρῶσα νεκρὸν, τῇ ῥομφαίᾳ τῆς λύπης σπαράττομαι δεινῶς)[53]. Il tropario 2°, che è una risposta per le parole della Madonna del tropario precedente, pone l’accento sulla volontarietà della morte e della sepoltura di Cristo: Per mio volere la terra mi ricopre (Γῆ με καλύπτει ἑκόντα)[54]. Il tropario conclusivo pieno della gioia pasquale ci esorta intensamente: Esulti il creato, si rallegrino tutti gli abitanti della terra … Vengano avanti le donne con gli aromi … il terzo giorno risorgerò (Ἀγαλλιάσθω ἡ κτίσις, εὐφραινέσθωσαν πάντες οἱ γηγενεῖς … μετὰ μύρων γυναῖκες προσυπαντάτωσαν … τῇ τρίτῃ ἡμέρᾳ ἐξαναστήσομαι)[55].
Per quanto riguarda la cooperazione tra i poeti Cosma e Giovanni Damasceno, da 7 canoni di Cosma fondati su irmi altrui, 6 canoni sono fondati su irmi del Damasceno; questi canoni sono o senza acrostici oppure gli irmi non sono inclusi in acrostici. Anche Giovanni Damasceno in canoni fondati su irmi altrui ricorre quasi sempre agli irmi di Cosma[56]. Giovanni Damasceno e Cosma il Melodo collaboravano nella composizione della forma iniziale del libro liturgico bizantino Oktoichos, in cui il contributo di Cosma è significativo; sembra che loro collaboravano anche nel promuovere la riforma liturgica bizantina dell’VIII sec.[57]
Nella tradizione manoscritta bizantina Cosma è spesso definito come «ποιητής» (il Poeta), «μέγας» (il Grande), «πνευματικὸς ᾀσματογράφος» (autore spirituale dei canti), «μελῳδός» (il Melodo), ecc.[58] Nonostante ciò Cosma il Melodo non aveva seguaci; è un poeta ammirato da tutti, ma non seguito da nessuno. La sua poesia è di una maestà aristocratica quasi irraggiungibile, caratterizzata con il linguaggio severo e antico, con la difficile sintassi, con i concetti profondi[59].
2.2. Cosma il Melodo e l’origine del canone
Il canone prende la sua origine dalle odi bibliche (cantica) che già nel giudaismo erano cantate sia nella liturgia del Tempio, sia nelle cerimonie della sinagoga, e pure nelle preghiere private; perciò furono familiari alle prime generazioni di cristiani[60]. Esse godevano una grande stima tra i cristiani dai tempi molto antichi[61]. L’inno celeste dell’Apocalisse 15,3-4, che in questo caso rispecchia la liturgia terrena dei primi cristiani, presenta l’ode di Mosè cantata da quelli che hanno ottenuto vittoria sulla bestia[62]. In questo contesto gli antichi cantici della salvezza divina ottengono un nuovo significato messianico[63]. L’omelia di Melitone di Sardi testimonia lettura dall’Esodo nella veglia Pasquale nel II sec.[64] La salvezza dalla mano del faraone è il prototipo della salvezza realizzata da Cristo[65], perciò i neobattezzati intonano con Mosè «τὴν ᾠδὴν τὴν ἐπινίκιον»[66], ringraziando Cristo per la liberazione dalla schiavitù, per l’onore dell’adozione, per la remissione dei peccati e per la vita immortale[67]. Anche la sesta omelia sull’Esodo di Origene indica il canto dell’ode di Mosé (Es 15,1-21):
Leggiamo nelle divine Scritture che ci sono stati molti cantici, tuttavia il primo di tutti questi è il cantico che il popolo di Dio cantò dopo la vittoria, quando gli Egiziani e Faraone furono sommersi. […] Anche tu dunque, se avrai attraversato il Mar Rosso [= battezzato], se avrai visto gli Egiziani sommersi, Faraone annientato e precipitato nel profondo dell’abisso, potrai cantare un inno a Dio, potrai emettere un grido di azione di grazie a dire: “Cantiamo al Signore, giacché si è gloriosamente glorificato; cavallo e cavaliere precipitò nel mare” (Es 15,1)[68].
Origene ci offre il più antico elenco composto di 7 odi veterotestamentarie, spiegando allegoricamente il loro significato per l’ascensione spirituale della Chiesa e dell’anima[69]. Atanasio di Alessandria nel contesto della controversia ariana nella Lettera Pasquale dell’anno 332 si riferisce al canto dell’ode “contro Faraone”:
[…] nuovamente si può considerare che sia tempo propizio il fatto che, dopo che i nemici si sono confusi e sono stati biasimati dalla Chiesa […] possiamo cantare al presente un inno di festa, pronunciando l’inno contro Faraone: “Cantiamo al Signore perché mirabilmente si copre di gloria. Ha gettato in mare cavallo e cavaliere” (Es. 15,1)[70].
Dunque, i cristiani dei primi secoli con l’ode di vittoria (Es 15,1-21) celebravano il proprio riscatto dal male così come il popolo ebraico celebrò la propria liberazione dalla mano del faraone.
Crisostomo e Rufino testimoniano l’ampia diffusione dell’ode di tre giovani nella fornace (Dn 3, 52-90) “che viene cantata tuttora su tutta l’ecumene e che sarà cantata nei secoli futuri”[71]; Proclo Constantinopolitano (+446) dichiara che tramite i tre fanciulli “tutta la terra abitata esclama: Benedite, opere tutte del Signore, il Signore (Dn 3,57)”[72]. Come i tre giovani una volta salvati dal fuoco cantavano la loro liberazione così anche i cristiani con questo cantico esaltano Dio per la propria salvezza dal fuoco eterno[73].
Comunque, le fonti dei III-V sec. dichiarano l’uso liturgico dei cantici[74], e il Codex Alexandrinus (V sec.) ne presenta come una raccolta di 14 odi[75] aggiunte al Salterio[76]. Il blocco dei cantici in qualità di un compendio allegato al Salterio appare soltanto nel V sec., e il Codex Alexandrinus ne è il primo testimone[77]. Da allora e poi quasi non c’è manoscritto cristiano od edizione del salterio senza l’appendice delle odi[78].
Il sistema di 14 odi era in uso nella cattedrale di Costantinopoli, mentre quello di 9 era in uso nella cattedrale di Gerusalemme[79]. Anche se il più antico manoscritto contenente la catena di 9 odi proviene dall’anno 862[80] si ricava dalla Narrazione degli abati Giovanni e Sofronio (BHG 1438w)[81] l’uso dei 9 cantici nella liturgia gerosolimitana gia alla fine del VI – inizio del VII sec[82].
Nel V sec. appare il τροπάριον, la forma fondamentale che costituisce la base di ogni composizione dell’innografia bizantina. È un piccolo inno liturgico destinato a rivelare l’essenza della festa nel modo spiccatamente laudatorio e lirico. Si canta secondo un dato modulo musicale; il suo ritmo è basato sull’accento tonico[83]. La tradizione bizantina connette la fioritura del tropario con i nomi di Antimo e di Timocle vissuti nel tempo dell’imperatore Leone I (457-474)[84]. Alcune strofe dei tropari antichi ci fornisce la Vita di Sant’Aussenzio di Bitinia (+473)[85]. Di fatto, però, i più antichi testi pervenuti sono i tropari anonimi per l’Epifania, scoperti in un papiro del IV sec[86]. Sembra che anche Giovanni Cassiano (+435) tratta di tropari parlando dell’adiunctione quarundam modulationum alla salmodia ampliata con il canto d’antifone[87]. I tropari prendono la loro origine da acclamazioni e da ritornelli ovvero ὑποψάλματα che accentuavano la salmodia[88]; inizialmente il tropario fu una breve preghiera in prosa ritmica che nel V sec. si allargò in forma strofica[89]. I tropari dinamizzarono la monotonia della salmodia veterotestamentaria con il canto ritmico ed, essendo destinati a caratterizzare la festa, arricchirono la salmodia con i pensieri specificamente cristiani[90]. Alla fine del V sec. dunque, la liturgia bizantina consisteva sostanzialmente dei salmi, dei cantici biblici, di certe formule antiche (Alleluia, Amen, Osanna, Kyrie eleison, brevi dossologie, ecc.)e dei tropari composti da innografi recenti[91]. I tropari furono provvisti di certe modulazioni, della musica accettata e conosciuta; bastava incorporare altre parole conformate a modello e si poteva cantarle nello stesso modo. Così sorge l’εἱρμός, la prima strofe, il tropario iniziale che serve del modello musicale, della base melodica e metrica ai tropari seguenti[92].
Dall’inizio i tropari accompagnavano la salmodia in qualità dei ritornelli essendo inseriti tra i versi dei salmi[93]. Nel VI sec. in Palestina si affermò la pratica di intercalare i tropari pure tra i versi dei cantici biblici[94]; e la Narrazione degli abati Giovanni e Sofronio[95], che rispecchia il periodo tra la fine del VI e l’inizio del VII sec[96], ne è il primo testimone[97]. Dal VII sec. possediamo il papiro n. 466 della John Rylands Library il quale, contenendo i 7 tropari in forma strofica alla 8° e alla 9° odi bibliche, riflette uno stadio iniziale dello sviluppo del canone[98]. Lo studio del materiale liturgico antico potrebbe suggerire che originariamente sono state destinate all’uso quotidiano solamente 2 o 3 odi, 4 per il sabato e il canone completo per le domeniche e per le feste più grandi[99]. Il termine canone nel senso innografico sembra di apparire, tuttavia, alquanto tardo: per prima in Teodoro Studita (+826) ed in alcuni acrostici di Teofane Graptos (+845)[100]. In Palestina, però, fino alla fine del X sec. questo tipo di composizione continua ad essere chiamato “le Odi”[101], cioè con il titolo assunto dai cantici biblici; negli acrostici, tuttavia, troviamo anche le definizioni di poiema, hymnos, threnos, melos e melisma[102]. Nel senso liturgico il canone inizialmente indicò la regola di salmodia, dopo si estese sulle odi bibliche che ormai diventarono una sezione di salmodia, e alla fine il termine si allargò su composizioni innografiche inserite nei cantici biblici[103]. All’ultima fase dello sviluppo liturgico del canone, la nuova successione innodica ha soffocato quasi totalmente il materiale biblico[104], seguendo, in ogni caso, una tendenza generale della liturgia orientale[105]. Aumentò il numero di tropari composti per accompagnare i cantici, la poesia dei canoni risente gravemente della loro lunghezza e della ripetuta inserzione di elementi collegati ai cantici biblici, l’officium diventò troppo lungo che non bastava il tempo, così le odi bibliche perirono nell’ampiezza delle odi bizantine[106]. Quindi, i cantici biblici scomparvero, si costituì così un nuovo inno, il quale assunse il nome di canone[107].
Dato che prima dell’VIII sec. non possediamo nessun esempio del canone composto delle 9 odi[108], gli studiosi tendono a riferire gli inizi del canone in forma classica alla fine del VII – prima metà dell’VIII sec. collegandoli con l’attività dei tre grandi innografi: Andrea di Creta (+740), Giovanni Damasceno (+749/750), Cosma di Maiuma (+751/752)[109]. Siccome tutti i tre rappresentanti principali della prima generazione dei canonografi sono contemporanei, e tutti appartengono allo stesso ambiente liturgico palestinese[110], sarebbe difficile definire a chi per primo è venuta l’idea di comporre un canone in forma classica. Th. Detorakis, l’autore della monografia di Cosma di Maiuma, sostiene, tuttavia, che proprio Cosma sia l’inventore del canone come nuovo genere poetico, appoggiandosi sulle fonti degli XI-XIV sec.[111], che sono, però, almeno trecento anni distanti dalla vita stessa del poeta. Infatti, la Vita Vaticana (XII)[112], la Vita Atheniensis (XI-XII)[113] e Giuseppe Filagrios (+ inizio XV)[114] concordemente attribuiscono l’invenzione del canonea Cosma[115]. Niceforo Callisto Xanthopoulos (+1350 ca.) gli impone l’escogitazione dei triodia[116]. Le fonti agiografiche, però, conformandosi al discorso laudatorio, possono contenere enfatizzazioni retoriche[117]. Anzi Detorakis stesso annovera le vitae Vaticana e Atheniensis tra il terzo gruppo dei testi, riportante i dati diversi dalle altre tradizioni[118]. L’altro argomento in favore di Cosma come l’inventore del canonesi basa sulla vicinanza dei suoi poemi all’inno Kontakion[119]; così Cosma il Melodo, secondo Detorakis, sarebbe il rappresentante del passaggio dal contacio al canone, al quale ha dato la forma, conservando, però, alcuni elementi del contacio[120]. Difendendo la paternità di Cosma al contacioper la Dormizione di Madonna con l’acrostico Τοῦ ταπεινοῦ Κοσμᾶ ὕμνος[121], pone l’accento che solo Cosma, l’unico di tutti canonografi, ha composto il contaciocon la propria melodia, perciò il poeta, essendo affine con il genere precedente, diventerebbe l’inventore del canone, che a sua volta ha sostituito il genere del contacio[122]. Nella liturgia palestinese, nondimeno, il contacio non è attestato; quindi, non possiamo ragionare del passaggio dall’uno all’altro genere poetico[123]. Anche se fu Cosma di Maiuma l’autore del suddetto contacio, sorge la domanda del motivo di composizione, in quanto l’inno del contacio non faceva parte dell’officio monastico palestinese.
Th. Kollyropoulou non vede ragione sufficiente per attribuire a Cosma né l’invenzione del genere letterario del canone, né l’invenzione dello “schema” dell’uso dei triodia nel periodo pre- e post-Pasquale, perché egli, per motivi sconosciuti e pur vivendo in periodo in cui l’ode 2° per alcuni poeti era quasi la norma ed era usata nella pratica liturgica, non compose nessuna 2° ode per i suoi canoni[124]. Secondo me, è troppo rischioso parlare dei periodi entro l’epoca dei poeti contemporanei, fino a quando non si saprebbe esattamente in quale età ognuno dei poeti ha iniziato la sua attività letteraria. Sarebbe molto più equo di parlare della diffusione sincrona delle composizioni dei poeti contemporanei Andrea di Creta (+740), Giovanni Damasceno (+749/750) e Cosma di Maiuma (+751/752).
Comunque, non abbiamo ragioni sufficienti per attribuire l’invenzione del canone né a Cosma né ad alcun altro innografo. Il canone non è sorto all’improvviso in forma intera e perfetta; la sua storia costituisce un durevole processo dell’evoluzione dalle forme semplici a quelle composite sia al livello dei blocchi liturgici, sia al livello delle costruzioni liturgiche[125]. Gli inizi del canone allo stato embrionale si può ammettere al VI sec., quando in Palestina si affermò la pratica di intercalare i tropari tra i versi dei cantici biblici[126]. Dal VII sec. possediamo un papiro contenente i tropari in forma strofica alla 8° e alla 9° odi bibliche[127], ciò riflette uno stadio seguente dello sviluppo del canone. Gli inizi del canone in forma classica si può ammettere alla fine del VII – prima metà dell’VIII sec. con l’attività della prima generazione dei canonografi: Andrea di Creta (+740), Giovanni Damasceno (+749/750), Cosma di Maiuma (+751/752)[128].
2.3. I componimenti di Cosma della Settimana Santa nella liturgia bizantina
I componimenti di Cosma godono molta stima nella chiesa bizantina fin dai tempi antichi, le feste più solenni sono celebrate per mezzo delle sue composizioni poetiche, perciò la Settimana Santa come il più maestoso periodo dell’anno, naturalmente, è riempita abbondantemente degli inni di Cosma[129]. Lodando il grande poeta, Niceforo Callisto Xanthopoulos (+1350 ca.) richiama l’attenzione alle “triadi di odi nella Santa e Grande Settimana delle Passioni del Signore e Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo”[130]. L’opera di Cosma il Melodo dedicata all’officium della Settimana Santa comprende soprattutto 6 poemi maggiori[131], che sono l’oggetto di questa tesi, di cui la paternità di Cosma è attestata sia nei libri liturgici sia nelle indagini scientifiche[132]:
Triodio per il Santo e Grande Lunedì, acrostico: Τῇ δευτέρᾳ (Per il Lunedì);
Diodio per il Santo e Grande Martedì, acrostico: Τρίτῃ τε (E per il Martedì);
Triodio per il Santo e Grande Mercoledì, acrostico: Τετράδι ψαλῶ (Canto al Mercoledì);
Canone per il Santo e Grande Giovedì, acrostico: Τῇ μακρᾷ πέμπτῃ μακρὸν ὕμνον ἐξᾴδω (Per il Grande Giovedì, canto un grande inno);
Triodio per il Santo e Grande Venerdì, acrostico: Προσάββατόν τε (Il giorno prima del Sabato);
Tetraodio per il Santo e Grande Sabato, acrostico: Σάββατον μέλπω μέγα (Canto il Grande Sabato).
Tutti questi grandi poemi teologici, facendo parte della preghiera liturgica, vengono cantati all’officio mattutino nei giorni della Settimana Santa, perciò li troviamo nel libro liturgico Triodion[133]. I primi tre inni vengono intonati alla II modulazione (ἦχος β’) ed altri tre alla II plagale modulazione (ἦχος πλ. β’). Gli acrostici dei primi tre inni messi insieme producono l’acrostico composto dodecasillabo bizantino: τῇ δευτέρᾳ τρίτῃ τε τετράδι ψαλῶ.
Dall’altra parte, gli acrostici degli ultimi due inni compongono un regolare acrostico dodecasillabo bizantino: προσάββατόν τε σάββατον μέλπω μέγα[134].
I poemi teologici di Cosma della Settimana Santa furono oggetti di studi di alcuni letterati famosi cominciando già dall’epoca bizantina; tra i commentatori celebri ci sono Niceta di Paflagonia (X sec.)[135], Michele Psello (+1078)[136], Gregorio Pardos (+1156)[137], Teodoro Prodromo (+1170 ca.)[138], Niceforo Callisto Xanthopoulos (+1350 ca.)[139], Nicodemo Hagiorita (+1809)[140], altri commenti sono pervenuti anonimi[141]. I canonografi posteriori, in particolare Simeone Metafraste (+1000 ca.) o/e un altro innografo anonimo, imitando i poemi di Cosma, composero sulla base degli inni del Melodo le loro rielaborazioni: canoni e triodi per il ciclo prefestivo del Natale e dell’Epifania[142]. Il famoso erudito bizantino Michele Psello (+1078) parafrasò il canone per il Giovedì Santo in versi trimetri giambici[143].
La struttura poetica e strofica dei poemi in questione potrebbe essere presentata in modo seguente:
1. Triodio per il Santo e Grande Lunedì:
incipit del primo irmo: Τῷ τὴν ἄβατον
incipit del primo tropario: Ἡ ἀπόρρητος λόγου θεοῦ κατάβασις
odi: 1°-8°-9°
strofe: 3-3-3
2. Diodio per il Santo e Grande Martedì:
incipit del primo irmo: Τῷ δόγματι τῷ τυραννικῷ
incipit del primo tropario: Ῥᾳθυμίαν ἄποθεν ἡμῶν βαλλώμεθα
odi: 8°-9°
strofe: 4-3
3. Triodio per il Santo e Grande Mercoledì:
incipit del primo irmo: Τῆς πίστεως ἐν πέτρᾳ με στερεώσας
incipit del primo tropario: Ἐν κενοῖς τὸ συνέδριον τῶν ἀνόμων
odi: 3°-8°-9°
strofe: 3-4-4
4. Canone per il Santo e Grande Giovedì
incipit del primo irmo: Τμηθείσῃ τμᾶται
incipit del primo tropario: Ἡ πανταιτία καὶ παρεκτικὴ ζωῆς
odi: 1°-3°-4°-5°-6°-7°-8°-9°
strofe: 4-3-4-3-3-4-4-4
5. Triodio per il Santo e Grande Venerdì
incipit del primo irmo: Πρὸς σὲ ὀρθρίζω
incipit del primo tropario: Ῥυφθέντες πόδας καὶ προκαθαρθέντες
odi: 5°-8°-9°
strofe: 3-5-5
6. Tetraodio per il Santo e Grande Sabato
incipit del primo irmo: Συνεσχέθη, ἀλλ’ οὐ κατεσχέθη
incipit del primo tropario: Ἀνῃρέθης, ἀλλ’ οὐ διῃρέθης
odi: 6°-7°-8°-9°
strofe: 4-5-4-4
La maggior parte di strofe è provvista degli efimni (ritornelli specifici alla fine di strofe)[144]:
1. Triodio per il Santo e Grande Lunedì:
ode 1°, irmo, tropario 1°: “… ἐνδόξως γὰρ δεδόξασται” (Es 15,1);
ode 8°, irmo, tropari: “… ὑμνεῖτε καὶ ὑπερυψοῦτε εἰς πάντας τοὺς αἰῶνας” (Dn 3,57, 3,52);
ode 9°, irmo: “… πᾶσαι γενεαὶ σὲ μεγαλύνωμεν” (Lc 1,48, 1,46);
2. Diodio per il Santo e Grande Martedì:
ode 8°, irmo, tropari: “… εὐλογεῖτε τὰ ἔργα κυρίου τὸν κύριον” (Dn 3,57);
3. Triodio per il Santo e Grande Mercoledì:
ode 3°, irmo, tropari: “… θεὸς ἡμῶν καὶ οὐκ ἔστιν ἅγιος πλήν σου, κύριε” (1Sm 2,2);
ode 8°, irmo, tropari: “… ἀλλ’ ἐβόα· πάντα τὰ ἔργα κυρίου τὸν κύριον ὑμνεῖτε καὶ ὑπερυψοῦτε εἰς πάντας τοὺς αἰῶνας” (Dn 3,57, 3,52);
ode 9°, irmo, tropari: “… φεῖσαι τῶν ψυχῶν ἡμῶν, Χριστὲ ὁ θεὸς, καὶ σῶσον ἡμᾶς”;
4. Canone per il Santo e Grande Giovedì:
ode 1°, irmo, tropari: “… ἐνδόξως δεδόξασται Χριστὸς ὁ θεὸς ἡμῶν” (Es 15,1, allusione);
ode 3°, irmo, tropari: “… καὶ πίστει στερεωθήσεσθε” (1Sm 2,1, allusione);
ode 4°, irmo, tropari: “… τὸν μονογενῆ ἐπεί με ἱλασμὸν ὁ πατὴρ εἰς τὸν κόσμον ἀπέστειλε” (1Gv 4,9s);
ode 7°, irmo, tropari: “… ὁ θεὸς τῶν πατέρων ἡμῶν” (Dn 3,26; 3,52);
ode 8°, irmo, tropari: “… τὸν κύριον ὑμνεῖτε τὰ ἔργα καὶ ὑπερυψοῦτε αὐτὸν εἰς τοὺς αἰῶνας” (Dn 3,57);
ode 9°, irmo, tropario 1°: “… μεγαλύνομεν // … μεγαλύνατε” (Lc 1,46, allusione);
5. Triodio per il Santo e Grande Venerdì:
ode 5°, irmo, tropari: “… φιλάνθρωπε // … φιλάνθρωπον”;
ode 8°, irmo, tropari: “… ὃν πᾶσα κτίσις εὐλογεῖ δοξάζουσα εἰς τοὺς αἰῶνας” (Dn 3,57ss, allusione);
ode 9°, irmo, tropari 1-3: “… σὲ μεγαλύνομεν // … ὃν μεγαλύνομεν” (Lc 1,46, allusione);
6. Tetraodio per il Santo e Grande Sabato:
ode 7°, irmo, tropari: “… εἰς σωτηρίαν ἡμῶν τῶν μελῳδούντων· λυτρωτὰ, ὁ θεὸς εὐλογητὸς εἶ” (Dn 3,26; 3,52);
ode 8°, irmo, tropari: “… ὃν παῖδες εὐλογεῖτε, ἱερεῖς ἀνυμνεῖτε, λαὸς ὑπερυψοῦτε εἰς πάντας τοὺς αἰῶνας” (Dn 3,83ss, 3,52);
ode 9°, irmo, tropari 1-2 : “… σὲ μεγαλύνοντας // … μεγαλυνθήσομαι // … καὶ μεγαλύνω σε” (Lc 1,46, allusione).
Recentemente la paternità di Cosma per il diodio del Martedì Grande è messa in dubbio da V. Vasilik: essendo pieno del contenuto pasquale, il diodio esprimerebbe l’antica comprensione del Martedì come il giorno dell’Ultima Cena e della Pasqua secondo un calendario cristiano antico; così il diodio sorgerebbe nel V-VI sec.[145] Si potrebbe osservare, però, che il diodio del Martedì Grande appare molto naturale sullo sfondo di altri componimenti di Cosma della Settimana Santa, che presi insieme danno una impressione di omogeneità ed uniformità. Sarebbe poco probabile che Cosma componendo gli inni per tutti i giorni della Settimana Santa saltasse il Martedì. Anzi l’acrostico τρίτῃ τε fa parte dell’acrostico comune, dodecasillabo bizantino τῇ δευτέρᾳ τρίτῃ τε τετράδι ψαλῶ, formato dagli acrostici degli inni dei primi tre giorni della Settimana Santa. L’acrostico è una delle prove forti dell’appartenenza di tutti gli inni al medesimo autore. Secondo il contenuto, il diodio segue fedelmente il tema generale del Martedì Santo, cioè la memoria delle dieci vergini della parabola evangelica (Mt 25,1-13), esortando a vigilare e tenere conto della seconda venuta di Cristo. Anche se supporremmo che la parabola delle dieci vergini sia messa nel Martedì Santo a causa della sua sfumatura escatologica, non c’è ragione sufficiente ad attribuire il diodio del Martedì ad un autore ignoto del V-VI sec. e non a Cosma di Maiuma.
Per quanto riguarda il famoso irmo dell’ode 9° del triodio per il Venerdì Santo Τὴν τιμιωτέραν τῶν Χερουβὶμ[146], Cosma probabilmente si è servito di un modello precedente menzionato nel papiro n. 466 della John Rylands Library (VII sec.)[147]. Anzi evidentemente la creazione del famoso irmo fu influenzata dall’inno per Madre di Dio di Efrem Siro (+373)[148]:
Efrem: Τιμιωτέρα τῶν Χερουβὶμ καὶ ἀσυγκρίτως πάντων τῶν οὐρανίων στρατιῶν;
Cosma: Τὴν τιμιωτέραν τῶν Χερουβίμ | καὶ ἐνδοξοτέραν | ἀσυγκρίτως τῶν Σεραφὶμ, τὴν ἀδιαφθόρως | θεὸν λόγον τεκοῦσαν, τὴν ὄντως θεοτόκον, | σὲ μεγαλύνομεν.
Come è noto, Cosma il Melodo ha composto per il Sabato Santo il tetraodio sulla base delle odi 6°-9° con l’acrostico σάββατον μέλπω μέγα, nella formazione del quale fanno parte anche gli irmi. Secondo le esigenze liturgiche del IX sec., che suggerirono l’uso del canone completo, alcuni innografi si misero a completare il tetraodio di Cosma con le odi 1°, 3°-5°[149]. Le fonti manoscritte presentano diversi inni destinati a trasformare il famoso tetraodio in canone; si può individuare almeno 4 tradizioni collegate con i nomi dei grandi innografi bizantini Teofane Graptos (+845), Cassia (+865 ca.), Marco Idruntino (X sec.)[150]. Alla fine l’opera di Marco Idruntino definitivamente è entrata nei libri liturgici e nell’edizione critica: il tetraodio basato sulle odi 1°, 3°-5° con l’acrostico καὶ σήμερον δὲ che non include gli irmi[151].
La prima questione che sorge è la paternità degli irmi delle odi 1°, 3°-5°. La didascalia del Triodion premessa al canone ci informa che “gli irmi sono di una donna chiamata Cassia”[152]. Non possiamo dire esattamente a che epoca rimonti la didascalia, ma nel contenuto essa collima con la testimonianza di Teodoro Prodromo (+1170 ca.):
… molto tempo prima, come apprendiamo da una tradizione non scritta, era stata una nobildonna casta e vergine, chiamata Cassia, a comporre i motivi e il canone. Ma quelli che avevano ammirato la composizione successiva (cioè il tetraodio di Cosma), giudicando disdicevole accostare la creazione di quel grande personaggio che fu Cosma ad un dettato femminile, affidarono le melodie (cioè gli irmi 1°, 3°-5°) e i rispettivi testi a Marco, stabilendogli il solo compito di comporre i tropari[153].
Seguendo la tradizione anche gli autori dell’edizione critica hanno sposato il contenuto della narratiuncula[154]. Nicodemo Hagiorita, anche se difende l’attribuzione degli irmi a Cassia, appoggiandosi soprattutto sul contenuto del primo irmo «Κύματι θαλάσσης» che tratta delle fanciulle: «ἀλλ’ ἡμεῖς ὡς αἱ νεάνιδες»[155], esprime, tuttavia, la sorpresa di trovare la serie degli irmi «Κύματι θαλάσσης» in un canone di Andrea di Creta (+740), cioè molto prima di Cassia[156]. Intanto, gli irmi in questione sono anteriori a Cassia, essi si trovano già in un canone stauroanastasimo dell’Octoechos uniti assieme in un corpus con gli irmi delle odi 6°-9° di Cosma[157]. I canoni stauroanastasimi rappresentano la parte originaria e più antica dell’Octoechos, sorta dalla collaborazione fra Giovanni Damasceno e Cosma di Maiuma[158]. Per di più non mancano le testimonianze antiche che attribuiscono direttamente tutta l’acolouthia «Κύματι θαλάσσης» a Cosma, ciò ha spinto gli studiosi moderni ad attribuire gli irmi in questione a Cosma il Melodo[159].
La seconda questione è suggerita dai 2 manoscritti che attribuiscono a Cosma invece del conosciuto tetraodio un pentaodio basato sulle odi 1°, 6°-9° con l’acrostico καὶ σάββατον μέλπω μέγα[160]. Il primo fu il cod. Hierosolymitanus, S.Crucis 43 dell’anno 1122 che presenta il canone composto dagli inni di Marco Idruntino con l’acrostico καὶ σήμερον δὲ (gli irmi esclusi) e di Cosma di Maiuma con l’acrostico καὶ σάββατον μέλπω μέγα (con gli irmi); questa composizione ha spinto l’editore a presentare de facto un pentaodio di Cosma[161]. E.I. Tômadakês, tuttavia, ha negato quest’ipotesi portando avanti i due argomenti: 1) fino ad oggi non è scoperto nessun altro canone composto da 5 odi; 2) i tropari della prima parte dell’ode I appartengono inconfutabilmente a Cassia, essi sono nient’altro che la prima ode del tetraodio di Cassia con l’acrostico καὶ σεπτὸν θττ[162]. Recentemente, però, è stato accessibile alle ricerche scientifiche il codice Sinaitico gr. NF MG56 del X sec. che difatti offre per il Sabato Santo il pentaodio con l’acrostico καὶ σάββατον μέλπω μέγα, senza gli inni del Marco Idruntino[163]. Con il cod. NF MG56 anzitutto potrebbe oscurarsi l’ipotesi del concetto liturgico secondo il quale dal IX sec. il Sabato Santo fu considerato non più giorno penitenziale, ma festivo, ed in conseguenza doveva essere munito di un canone invece di tetraodio[164]. Almeno in Sinai nel X sec. la nuova concezione del Grande Sabato non fu ancora in vigore. Dall’altra parte l’ode 1° a parte delle odi successive di Cassia potrebbe testimoniare contro l’attribuzione di essa a Cassia in favore di Cosma, o almeno si può ipotizzare che la composizione di Cassia fu composta in due tappe: 1) ode 1° che nel X sec. fu nota e accettata nel monastero di Sinai (cod. NF MG56) e nel 1122 faceva parte dell’officium della chiesa patriarcale d’Anastasi a Gerusalemme (cod. Hierosolymitanus, S.Crucis 43); 2) le odi 3°-5°, invece, in questo periodo furono ancora ignote o non accettate nella liturgia palestinese.
Comunque, sorge la domanda, se Cosma sia l’autore dell’ode 1° che successivamente venne attribuita a Cassia? La risposta sarebbe negativa con l’argomento che l’acrostico del tetraodio per il Sabato Santo σάββατον μέλπω μέγα continua e completa in dodecasillabo bizantino quello del Venerdì Santo προσάββατόν τε[165]. In ogni caso l’ipotetico προσάββατόν τε καὶ σάββατον μέλπω μέγα creerebbe 13 sillabe distruggendo l’acrostico composto dodecasillabo bizantino.
Marco Idruntino, non temendo di rapportarsi alla grande tradizione innologica dell’opera di Cosma il Melodo, fu abile a produrre il tetraodio con l’acrostico καὶ σήμερον δὲ che si riallacciava idealmente all’acrostico σάββατον μέλπω μέγα, generando un nuovo acrostico composto dodecasillabo bizantino: καὶ σήμερον δὲ σάββατον μέλπω μέγα[166].
2.4. L’analisi metrica della poesia di Cosma della Settimana Santa
Per un buon tratto di tempo si presumeva che soltanto i tre canoni giambici di Giovanni Damasceno composti secondo la prosodia classica[167] meritassero essere ascritti alla poesia greca. Tutta l’altra canonografia, in quanto non affacciava nessun metro, nessuna forma poetica greca antica, fu considerata come una semplice prosa, e, di conseguenza, i grandi melodi furono annoverati tra i prosatori[168]. È interessante che anche gli intellettuali bizantini almeno dal X sec. di solito valutavano quasi tutti i canoni come se fossero fatti in prosa ritmica[169], notando soltanto la composizione secondo le leggi dell’armonia e del ritmo musicale[170]. L’autore del Suda (il tardo X sec.) ci ha consegnato qualche parola riguardo alla forma dei canoni di Giovanni Damasceno: ci sono molte opere di lui … ed i canoni per il canto, giambici ed in prosa[171]. Gregorio Pardos (+1156) comparando i canoni di Giovanni Damasceno per le feste di Natale e d’Epifania con i canoni di Cosma dedicati alle stesse feste osserva:
I canti (di Giovanni Damasceno) sono composti con i metri giambici, l’aspetto mirabile di essi si manifesta dall’interno, in quanto sono scritti in metri, istituiti riguardo al discorso, e ogni tanto anche riguardo alla sintassi. I canti (di Cosma) sono scritti in prosa, cioè privi di metro, cioè i canoni per la natività di Cristo e per il Suo immersione (Battesimo), l’aspetto mirabile non si manifesta, ma si aggiunge dall’esterno[172].
Teodoro Prodromo (+1170 ca.) nel suo commentario sul canone giambico per il Natale composto da Giovanni Damasceno rileva la differenza della forma di questo canone riguardo al canone per il Natale composto da Cosma:
… questa festa della natività di Cristo, la quale prima fu decantata dal grande e divino Cosma, senza il metro, nondimeno in modo dignitosissimo ed elevatissimo, ed oggi la decanta con lui il Damasceno in metri giambici …[173].
Con i termini meno comprensibili, ma esprimendo la stessa idea, Teodoro Prodromo, nel suo proemio al canone di Cosma per la festa di Natale, dice:
… Orsù! Procediamo passando dalla divina Esaltazione della Croce per la più divina e più ineffabile Natività del Salvatore secondo la carne, ed interpretiamo alla moltitudine quel famoso inno della Natività composto in lingua prosaica dall’ispirato e musicalmente dotatissimo Cosma[174].
L’enigma della natura dell’innografia bizantina, incomprendibile per i dotti latini ed insospettabile per i bizantini, fu scoperta per caso da J.B. Pitra nell’anno 1859. Durante le sue ricerche scientifiche in Russia e dopo nelle biblioteche occidentali, egli ha notato in alcuni manoscritti punti diacritici che simmetricamente e regolarmente frazionavano le strofe riguardo all’irmo, misurando lo stesso numero delle sillabe e fissando gli accenti in sedi prestabilite[175]. Il sistema sillabico degli innografi bizantini, infatti, non teneva conto né della quantità delle sillabe lunghe e brevi né dei diversi tipi di accenti tonici della prosodia classica[176].
Ma questo duplice elemento, del numero delle sillabe e dell’accento prestabilito, è sufficiente per attribuire all’innografia dei melodi il termine di poesia? Non è forse possibile che tutte le strofe di una ode, riproducendo lo stesso numero delle sillabe e gli stessi accenti, rimangono in prosa? Per queste domande H. Stevenson risponde con il triplice argomento: acrostico, rima ed irmo; ecco i tre elementi che riportano il canone nel campo di poesia[177]:
- l’acrostico destinato a fissare la distinzione delle strofe, ma più volte anche penetra le strofe stesse fissando i periodi di ogni strofa[178];
- la rima spesso situata nei poemi degli innografi[179];
- l’irmo, un sovrano regolatore di melodia, che fissa la misura del canto e della parola tramite l’isosillabismo e tramite l’alternanza delle sillabe accentate e atone, e divide le strofe in periodi con intervalli regolari[180].
La forma poetica dell’innografia greca, dunque, è il fatto accertato che non può più essere messo in dubbio[181].
Un commentario bizantino (non posteriore dal IX sec.)[182] sull’Ars grammatica di Dionisio Trace (90 a.C. ca.) ci offre la formulazione della nuova ritmica bizantina: Qualora qualcuno voglia comporre un canone, prima bisogna comporre l’irmo, poi aggiungere i tropari, tenendo ugual numero di sillabe e accenti uguali ed assegnando il proposito[183].
L’isosillabismo e l’omotonia sono le due leggi fondamentali del lirismo bizantino e del ritmo usato dai melodi[184]. Il primo già apparteneva al lirismo antico essendo la condizione naturale della poesia corale; l’altra risulta dalla sostituzione della prosodia greca antica basata sulla quantità delle sillabe e sull’alternanza di brevi e lunghe all’interno del verso con la nuova prosodia basata sull’accento tonico[185]. In corso della semplificazione della lingua e della fonetica greca medievale l’orecchio di un bizantino ha perso il senso della distinzione tra le sillabe lunghe e brevi, tra gli accenti acuti, gravi e circonflessi[186]. Infatti, le trasformazioni fonetiche, in particolare la diffusione del fenomeno dell’iotacismo, portò ad una certa uniformità dei suoni delle vocali e di alcuni gruppi vocalici.
Tranne tre canoni giambici di Giovanni Damasceno, creati secondo le regole della metrica greca classica, tutti i canoni, inclusi quelli di Cosma il Melodo, appartengono alla nuova poesia ecclesiastica bizantina[187] in cui i componenti poetici sono strutturati sui modelli complessi delle corrispondenti sillabe accentuate, seguendo i ritmi della lingua parlata più che artificiali sillabe lunghe o brevi della prosodia greca classica[188].
L’isosillabismo consiste in due regole generali: 1) l’irmo ed ogni tropario di un’ode sono provvisti dal medesimo invariabile numero di sillabe; 2) le pause che in melodia separano i membri ritmici di un’irmo si riproducono in tropari dipendenti nelle stesse posizioni determinate[189]. Esaminiamo p.es. la legge dell’isosillabismo nell’irmo e nei tropari dell’ode 8° del diodioper il Santo e Grande Martedì[190], mettendo di fronte il numero delle sillabe di ogni membro ritmico corrispondente ad un periodo di melodia:
Τῷ δόγματι | τῷ τυραννικῷ | οἱ ὅσιοι | τρεῖς παῖδες μὴ πεισθέντες, (4 | 5 | 4 | 7)
ἐν τῇ καμίνῳ βληθέντες θεὸν | ὡμολόγουν ψάλλοντες· (10 | 7)
εὐλογεῖτε τὰ ἔργα κυρίου τὸν κύριον. (14)
Ῥᾳθυμίαν | ἄποθεν ἡμῶν | βαλλώμεθα | καὶ φαιδραῖς ταῖς λαμπάσι (4 | 5 | 4 | 7)
τῷ ἀθανάτῳ νυμφίῳ Χριστῷ | ὕμνοις συναντήσωμεν, (10 | 7)
εὐλογεῖτε, βοῶντες, τὰ ἔργα τὸν κύριον. (14)
Ἱκανούσθω | τὸ κοινωνικὸν | ψυχῆς ἡμῖν | ἔλαιον ἐν ἀγγείοις, (4 | 5 | 4 | 7)
ὅπως ἐπάθλων μὴ θέντες καιρὸν | ἐμπορίας ψάλλωμεν· (10 | 7)
εὐλογεῖτε τὰ ἔργα κυρίου τὸν κύριον. (14)
Τὸ τάλαντον, | ὅσοι πρὸς θεοῦ | ἐδέξασθε | ἰσοδύναμον χάριν, (4 | 5 | 4 | 7)
ἐπικουρίᾳ τοῦ δόντος Χριστοῦ | αὐξήσατε ψάλλοντες· (10 | 7)
εὐλογεῖτε τὰ ἔργα κυρίου τὸν κύριον. (14)
La legge dell’omotonia può essere espressa sotto la formulazione seguente: i tropari riproducono tutti gli accenti ritmici del suo irmo in ogni periodo sillabico corrispettivo. Questa legge è particolarmente rigorosa alla fine di ogni periodo, si estende, però, sui tutti gli accenti ritmici, ma non su quelli ortografici, non godenti di nessun valore in ritmo[191]. Per osservare l’occorrenza degli accenti tonici in sedi fisse e prestabilite, presentiamo p.es. l’ode 9° del triodio per il Santo e Grande Venerdì[192], segnando con il trattino «–» la sillaba atone o possedente l’accento soltanto ortografico e con il trattino accentuato «–́» la posizione della sillaba con il accento tonico ritmico:
Τὴν τιμιωτέραν τῶν Χερουβίμ | καὶ ἐνδοξοτέραν | ἀσυγκρίτως τῶν Σεραφὶμ, (– – – – –́ – – – – –́ | – – – – –́ – | – – –́ – – – – –́)
τὴν ἀδιαφθόρως | θεὸν λόγον τεκοῦσαν, (– – – – –́ – | – – – – – –́ –)
τὴν ὄντως θεοτόκον, | σὲ μεγαλύνομεν. (– –́ – – – –́ – | –́ – – –́ – –)
Ὀλέθριος σπεῖρα θεοστυγῶν, | πονηρευομένων | θεοκτόνων συναγωγὴ (– – – – –́ – – – – –́ | – – – – –́ – | – – –́ – – – – –́)
ἐπέστη, Χριστέ, σοι | καὶ ὡς ἄδικον εἷλκε (– – – – –́ – | – – – – – –́ –)
τὸν κτίστην τῶν ἁπάντων, | ὃν μεγαλύνομεν. (– –́ – – – –́ – | –́ – – –́ – –)
Νόμον ἀγνοοῦντες οἱ ἀσεβεῖς, | φωνὰς προφητῶν τε | μελετῶντες διὰ κενῆς, (– – – – –́ – – – – –́ | – – – – –́ – | – – –́ – – – – –́)
ὡς πρόβατον εἷλκον | σὲ τὸν πάντων δεσπότην (– – – – –́ – | – – – – – –́ –)
ἀδίκως σφαγιάσαι, | ὃν μεγαλύνομεν. (– –́ – – – –́ – | –́ – – –́ – –)
Τοῖς ἔθνεσιν ἔκδοτον τὴν ζωὴν | σὺν τοῖς γραμματεῦσιν | ἀναιρεῖσθαι οἱ ἱερεῖς (– – – – –́ – – – – –́ | – – – – –́ – | – – –́ – – – – –́)
παρέσχον, πληγέντες | αὐτοφθόνῳ κακίᾳ, (– – – – –́ – | – – – – – –́ –)
τὸν φύσει ζωοδότην, | ὃν μεγαλύνομεν. (– –́ – – – –́ – | –́ – – –́ – –)
Ἐκύκλωσαν κύνες ὡσεὶ πολλοὶ, | ἐκρότησαν, ἄναξ, | σιαγόνα σὴν ῥαπισμῷ·(– – – – –́ – – – – –́ | – – – – –́ – | – – –́ – – – – –́)
ἠρώτων σε, σοῦ δὲ | ψευδῆ κατεμαρτύρουν, (– – – – –́ – | – – – – – –́ –)
καὶ πάντα ὑπομείνας | ἅπαντας ἔσωσας. (– –́ – – – –́ – | –́ – – –́ – –)
Nei poemi di Cosma si manifestano anche le altre caratteristiche della nuova prosodia bizantina[193] sempre causate dall’adattamento al ritmo: le nuove specie dell’elisi e dell’aferesi create per mezzo dell’estinzione delle sillabe atone vicine all’accento. A volte ossitono disillabico viene interpretato come monosillabico, p.es. nel primo emistichio del secondo verso rispettivamente dei 1° e 2° tropari dell’ode 9° del tetraodio per il Sabato Santo abbiamo «ὑπερφυῶς ἐμακαρίσθην» ed «οἱ πυλωροὶ, ἠμφιεσμένον», mentre nell’irmo sta «ὃν ἐν γαστρὶ ἄνευ σπορᾶς». Oppure, proparossitono polisillabico può perdere la penultima sillaba, come p.es. nel secondo emistichio del secondo verso rispettivamente dei 2° e 3° tropari dell’ode 8° del triodio per il Mercoledì Santo: «πεπραγμένων τῆς ἀπολυτρώσεως» ed «ἐκπλυθεῖσα οὐ κατῃσχύνετο», mentre nell’irmo sta «βασιλέως πατήσαντες δόγμα». Ma anche i periodi iniziati con una sillaba tonica in qualche tropario diventano ipermetri a causa di una sillaba atona aggiunta davanti quella tonica, in quel caso la sillaba iniziale costituisce in melodia una nota così debole che nel ritmo viene valutata come un’anacrusi: p.es. nel secondo emistichio del primo verso del 3° tropario dell’ode 8° del triodio per il Venerdì Santo abbiamo: «καὶ γνώσεως οὐ πᾶν ἐξηρεύνησας» (11 sillabe) nel riguardo al irmo iniziato con una sillaba tonica: «παῖδες θεῖοι παρεδειγμάτισαν» (10 sillabe)[194]. È naturalmente che l’omotonia alla fine dei periodi talvolta richiama l’omofonia; la nuova prosodia, dunque, evidentemente è tendente alla consonanza ed alla rima consecutiva o cruciforme[195]. P.es. la rima consecutiva nell’irmo 1° del canone per il Giovedì Santo[196]:
Τμηθείσῃ τμᾶται | πόντος ἐρυθρὸς, |
κυματοτρόφος δὲ ξηραίνεται βυθὸς,
ὁ αὐτὸς ὁμοῦ ἀόπλοις | γεγονὼς βατὸς …
Nello stesso canone si trova un altro esempio della rima consecutiva nel secondo tropario dell’ode 8°[197]:
Νόμου φιλίας | ὁ δυσώνυμος |
Ἰσκαριώτης γνώμῃ | ἐπιλαθόμενος …
Un altro esempio sta nell’irmo dell’ode 9° del triodio per il Venerdì Santo[198]:
Τὴν τιμιωτέραν τῶν Χερουβίμ |
καὶ ἐνδοξοτέραν | ἀσυγκρίτως τῶν Σεραφὶμ, …
Un bell’esempio della rima a croce troviamo nel terzo tropario dell’ode 7° del canone per il Giovedì Santo[199]:
Μεθ’ ὅστις ἐμοῦ τὴν χεῖρα |
τρυβλίῳ βάλλει θρασύτητι,
τούτῳ πλὴν καλὸν ἦν πύλας βίου |
περάσαι μηδέποτε·…
Ogni strofa dell’ode 6° del tetraodio per il Sabato Santo all’inizio ci offre un esempio rimarchevole dei versi ἰσοκατάληκτοι od ὁμοιοτέλευτοι[200]:
Συνεσχέθη, | ἀλλ’ οὐ κατεσχέθη …
Ἀνῃρέθης, | ἀλλ’ οὐ διῃρέθης …
Βροτοκτόνον, | ἀλλ’ οὐ θεοκτόνον …
Βασιλεύει, | ἀλλ’ οὐκ αἰωνίζει …
Occorre anche notare l’elaborazione tecnica dell’ode 3° del triodio del Mercoledì Santo che è infatti irreprensibile con l’isosillabismo assoluto e con l’omotonia quasi assoluta[201]: nei primi tre versi di ogni strofa abbiamo uno schema del dodecasillabo bizantino con la cesura eftemimere con gli accenti sul penultima sillaba dell’ogni emistichio[202]:
Τῆς πίστεως ἐν πέτρᾳ | με στερεώσας (12 sillabe)
ἐπλάτυνας τὸ στόμα | μου ἐπ’ ἐχθρούς μου· (12 sillabe)
εὐφράνθη δὲ τὸ πνεῦμά | μου ἐν τῷ ψάλλειν· (12 sillabe)
οὐκ ἔστιν ἅγιος | ὡς ὁ θεὸς ἡμῶν, | (12 sillabe)
καὶ οὐκ ἔστι δίκαιος | πλήν σου, κύριε. (12 sillabe)
Ἐν κενοῖς τὸ συνέδρι- | -ον τῶν ἀνόμων (12 sillabe)
καὶ γνώμῃ συναθροίζε- | -ται κακοτρόπῳ, (12 sillabe)
κατάκριτον τὸν ῥύστην | σε ἀποφῆναι, (12 sillabe)
Χριστὲ, ᾧ κράζομεν· | σὺ εἶ θεὸς ἡμῶν | (12 sillabe)
καὶ οὐκ ἔστιν ἅγιος | πλήν σου, κύριε. (12 sillabe)
Τὸ δεινὸν βουλευτήρι- | -ον τῶν ἀνόμων (12 sillabe)
σκέπτεται, θεομάχου | ψυχῆς ὑπάρχον, (12 sillabe)
ὡς δύσχρηστον τὸν δίκαι- | -ον ἀποκτεῖναι (12 sillabe)
Χριστὸν, ᾧ ψάλλομεν· | σὺ εἶ θεὸς ἡμῶν | (12 sillabe)
καὶ οὐκ ἔστιν ἅγιος | πλήν σου, κύριε. (12 sillabe)
D’altra parte, anche gli acrostici metrici seguono le norme consuete del dodecasillabo bizantino. Come abbiamo menzionato sopra, gli acrostici dei primi tre inni messi insieme producono il dodecasillabo con la cesura eftemimere con gli accenti sul penultima sillaba dell’ogni emistichio[203]; mentre l’acrostico del canone per il Giovedì Santo e gli acrostici degli ultimi due inni messi insieme compongono il dodecasillabo con la cesura pentemimere con gli accenti sul penultima sillaba dell’ogni emistichio[204]:
τῇ δευτέρᾳ τρίτῃ τε | τετράδι ψαλῶ (12 sillabe)
τῇ μακρᾷ πέμπτῃ | μακρὸν ὕμνον ἐξᾴδω (12 sillabe)
προσάββατόν τε | σάββατον μέλπω μέγα (12 sillabe)
Nella prima ode del triodio per il Lunedì Santo alla fine del quasi ognuno emistichio osserviamo una forte tendenza al metro dattilico secondo la metrica sillabo-tonica (–́ – –); analizziamo questo fenomeno sull’esempio dell’irmo[205]:
Τῷ τὴν ἄβατον, | κυμαινομένην θάλασσαν (– – –́ – – | – – – –́ – –́ – –)
θείῳ αὑτοῦ προστάγματι | ἀναξηράναντι καὶ πεζεῦσαι δι’ αὐτῆς (– – – –́ – –́ – – | – – – –́ – – – – –́ – – – –́)
τὸν Ἰσραηλίτην λαὸν καθοδηγήσαντι (– – – – –́ – – –́ – – – –́ – –)
κυρίῳ ᾄσωμεν· | ἐνδόξως γὰρ δεδόξασται. (– –́ – –́ – – | – –́ – – – –́ – –)
[1] Christ, Paranikas Anthologia, p. XLIX. Detorakis, Kosmas, p. 3. Cfr. Kazhdan, Gero, Kosmas / BZ 82 (1989), p. 122.
[2] Alcuni studiosi attribuivano certe opere ad altri poeti omonimi. W. Christ e M. Paranikas introducono nella filologia bizantina un nuovo innografo Cosma il Ξένος (ὁ Ἱκέτης, ὁ Ἀσυγκρίτος), ritenendo che anche Cosma il maestro dei due fratelli adottivi fu un poeta; a lui ascrivono il Canone del Sabato di Lazzaro e il Canone all’onore di Giuseppe lo Sposo, Davide il Profeta e il Re, e Giacobbe il Fratello del Signore. Christ, Paranikas Anthologia, p. L. B. Montfaucon attribuisce il Canone di Giuseppe, Davide e Giacobbe a Cosma di Panareta, un poeta del XIV sec. Cfr. Montfaucon B. Palaeographia Graeca, Parisiis 1708, p. 75. Th. Detorakis, però, ha confutato gli argomenti di questi autori ritenendo un solo Cosma il Melodo. Detorakis, Kosmas, pp. 111, 112-115. Cfr. Pattenden Ph. Short Notices / Journal of Ecclesiastical History, 33/2 (1982), p. 325.
[3] Eustratiadês S. Kosmas Hierosolymitês ho poiêtês episkopos Maiouma / Nea Siôn 28 (1933), pp. 83-99, 143-158, 202-218, 257-272, 330-338, 400-416, 489-505, 530-544. Detorakis, Anekdotos Vios Kosma tou Maiouma, p. 259, nota 1. Molti poemi di Cosma sono entrati nell’Heirmologion (ed. Eustratiadês S.). Chennevières-sur-Marne 1932. Εἱρμολόγιον è un libro liturgico che contiene i testi per il canto liturgico, prevalentemente gli irmi. Cfr. Christ, Paranikas, Anthologia, p. LXXII. Detorakis, Kosmas, pp. 111, 167.
[4] Detorakis, Kosmas, pp. 167, 205-212, 219-221, 246.
[5] Kazhdan A. Kosmas of Jerusalem: can we speak of his political views? / Le Muséon 103 (1990), p. 329.
[6] Hannick Ch. Hymnographie et hymnographes sabaïtes in The Sabaite Heritage in the Orthodox Church from the Fifth Century to the Present (ed. Joseph Patrich) // Orientalia Lovaniensia Analecta, 98, Leuven 2001, pp. 218-219.
[7] Inedito; i manoscritti più rilevanti: cod. Vindob. theol. gr. 121 (XII), ff. 62v-96r; cod. Vat. gr. 1712 (XII), ff. 64v-95v, ecc. Petrynko O. Der jambische Weihnachtskanon des Johannes von Damascus. Münster 2010, pp. 113, 132-137.
[8] Edito in parte da Stevenson H.M.: Theodori Prodromi, Commentarios in carmina sacra Melodorum Cosmae Hierosolymitani et Ioannis Damasceni. Roma 1888. In Migne ne è esposta una piccola parte: Theodorus Prodromus, Expositio canonum in festa dominicalia conscriptorum a sanctis doctisque poetis Cosma et Joanne Damasceno / PG 133, 1229-1238. I manoscritti più rilevanti: cod. Angel. gr. 7 (XII o anche XIV), ff. 5-246, cod. Vat. Regin. gr. 31 (1282), ff. 214-299, cod. Vat. gr. 1603 (XIII), ff. 37v-58, ecc. Petrynko O. Der jambische Weihnachtskanon des Johannes von Damascus. Münster 2010, pp. 113, 137-145.
[9] Hannick Ch. Hymnographie et hymnographes sabaïtes, p. 221. Detorakis, Kosmas, pp. 188-189.
[10] Hannick Ch. Hymnographie et hymnographes sabaïtes, pp. 221-222. Uthemann K. H. Ein Enkomion zum Fest des hl. Paulus am 28. Dezember. Edition des Textes (CPG 4850) mit Einleitung, in: Philohistôr. Miscellanea in honorem Caroli Laga septuagenarii (ed. Schoors A., Van Deun P.) / Orientali Lovaniensia Analecta 60 (Leuven 1994), pp.103-134, in particolare pp. 114s. [citato secondo Hannick Ch. Hymnographie et hymnographes sabaïtes, p. 222, nota 37].
[11] Detorakis, Kosmas, pp. 118-119. Cfr. Darrouzès J. Bibliographie / Revue des Études Byzantines, 39 (1981), p. 337.
[12] Detorakis, Kosmas, pp. 119-121.
[13] Detorakis, Kosmas, pp. 121-126.
[14] Detorakis, Kosmas, pp. 126-128. Krivko R.N. Sinajsko-slavianskie gimnograficheskie paralleli [Sinaitic and Slavonic Hymnographic Parallels] // Vestnik Pravoslavnogo Sviato-Tihonovskogo gumanitarnogo universiteta, III ser. Filologia 11 (2008), p. 62. Kollyropoulou Th.L. Peri tou problêmatos tês 2° odês tôn kanonôn. Patra 2012, pp. 288, 331, 332, 333, 389, 398.
[15] Heirmologion (ed. Eustratiadês S.), pp. 6-7, 36-37.
[16] Detorakis, Kosmas, pp. 126-128. Krivko R.N. Sinajsko-slavianskie gimnograficheskie paralleli, p. 62. R. Krivko presenta una fila dei manoscritti sinaitici greci in cui si ritrova l’ode 2° nei canoni di Cosma, sempre sottolineando, però, che questa ode è fuori acrostico e non originaria; si tratta dei manoscritti Sin. gr. 578, Sin. gr. 583, Sin. gr. 598 e si ritrova i paralleli nei manoscritti slavi della redazione più antica. Krivko R.N. Sinajsko-slavianskie gimnograficheskie paralleli, pp. 62-64.
[17] Krivko R.N. Sinajsko-slavianskie gimnograficheskie paralleli, p. 60.
[18] Kollyropoulou Th.L. Peri tou problêmatos tês 2° odês tôn kanonôn, pp. 386, 393, 395-396, 401. Nikiforova A. Tropologion Sinait.Gr. ΝΕ/ΜΓ 56–5 (9th c.): A new source for Byzantine Hymnography in: Scripta & e-Scripta. International Journal for Interdisciplinary Studies. T. 12. Sofia, 2013, p. 174.
[19] Kollyropoulou, Peri tou problêmatos tês 2° odês tôn kanonôn, pp. 43, 50, 61-85, 385-386, 395-396.
[20] Weyh W. Die Acrostichis in der Byzantinischen Kanonesdichtung // BZ. Bd 7. 1908, p. 66. Nikiforova A. Problema proiskhozhdenija sluzhebnoj mineji: struktura, sostav, mesjaceslov grecheskikh minej IX-XII vv. iz monastyrja sviatoj Ekateriny na Sinae. Mosca 2005, pp. 88-89. Krivko R.N. Sinajsko-slavianskie gimnograficheskie paralleli, p. 61. Nikiforova A. Tropologion Sinait.Gr. ΝΕ/ΜΓ 56–5 (9th c.), pp. 174-175.
[21] Bernhard L. Der Ausfall der 2. Ode im byzantinischen Neunodenkanon // Heuresis. Festschrift für Andreas Rohracher 25 Jahre Erzbischof von Salzburg, herausgegeben von Thomas Michels. Salzburg 1969, pp. 100-101.
[22] Theotokion (θεοτοκίον) è tropario dedicato alla Madre di Dio (Θεοτόκος). Christ, Paranikas, Anthologia, p. LXI. Anthologhion, vol. 4, p. 1084. Detorakis, Kosmas, p. 128.
[23] Christ, Paranikas, Anthologia, pp. 147-157, 179, 202-203. Detorakis, Kosmas, pp. 128-130.
[24] Detorakis, Kosmas, pp. 130-132.
[25] Eustratiadês S. Kosmas Hierosolymitês ho poiêtês episkopos Maiouma / Nea Siôn 28 (1933),pp. 89-90. Detorakis, Kosmas, p. 132.
[26] Can. Giov. S., ode 5°, trop. 1°. Christ, Paranikas, Anthologia, p. 192. Anthologhion, vol. 2, p. 1007. Detorakis, Kosmas, pp. 132-134.
[27] Detorakis, Kosmas, pp. 134-139.
[28] Anthologion tou holou eniautou, vol. 2.Roma1974, p. 1034. Anthologhion, vol. 2, p. 990. Eustratiadês S. Kosmas Hierosolymitês ho poiêtês episkopos Maiouma / Nea Siôn 28 (1933),p. 500. Detorakis, Kosmas, pp. 139-140.
[29] Tetr. Sab. S., ode 6°. Christ, Paranikas, Anthologia, pp. 198-199. Anthologhion, vol. 2, p. 1112. Detorakis, Kosmas, pp. 139-140. Cfr. Bouvy E. Poètes et Mélodes : étude sur les origines du rythme tonique dans l’hymnographie de l’Église grecque. Nimes 1886, p. 330.
[30] Bouvy, Poètes et Mélodes, pp. 273, 274. Stevenson H. Du rhythme dans l’hymnographie de l’Église grecque. Paris 1876,pp. 33, 52-58, 63. Lamy T.J. Mélodes postérieurs a Saint Romain, sabaïtes, studites, italo-grecs, in: Stevenson, Du rhythme, pp. 27-28. Detorakis, Kosmas, pp. 139-149. Petrynko, p. 239.
[31] Le metafore: λάκκος ἀγνωσίας (il pozzo dell’ignoranza), πόδες ἄνικμοι (i piedi privi di umidità), πόδες ὀξεῖς (i piedi precipitosi), χεῖρες ἀνειμέναι (le mani alzate), παῖδες τῷ θείῳ πυρπολούμενοι ζήλῳ (i fanciulli accesi con il zelo divino), ecc. Gli ossimori: φλόγα δροσίζουσαν (le fiammelle formano la rugiada), ἡ τὸ ἄσχετον κρατοῦσα (che regge le travolgenti acque), ὁ μήτραν οἰκήσας ἀειπάρθενον (che abitava nella Madre sempre Vergine), Θεοτόκε μήτηρ ἀνύμφευτε (o Madre di Dio, la Madre che non sapeva il sposarsi), δροσοβόλος κάμινος (la fornace che spande rugiada), στειρεύουσα πρὶν ἡ τεκνουμένη δεινῶς (immacolata prima del generare straordinariamente), σὲ τὸν ἐν πυρὶ δροσίσαντα (te che nel fuoco ha formato rugiada), οἱ ἀσθενοῦντες περιεζώσαντο δύναμιν (indeboliti rivestiti in forza), τὴν ἀμαυρωθεῖσαν … ἐλάμπρυνας πάλαι φύσιν (hai reso brillante la vecchia natura oscurata), ecc. Le allitterazioni: συνεσχέθη, ἀλλ’ οὐ κατεσχέθη (fu preso … ma non trattenuto), ἀνῃρέθης, ἀλλ’ οὐ διῃρέθης (sei stato ucciso … ma non separato [dalla carne assunta]), βροτοκτόνον, ἀλλ’ οὐ θεοκτόνον (omicida, ma non deicida), χωρίον, ἐν ᾧ ἀνεκλίθη ὁ ἀχώρητος (spazio in cui è stato posto a giacere colui che nulla può contenere), ἐκκλησία θεόκλητος (la Chiesa chiamata da Dio), τὴν ἀκαρπίαν φλέγων, εὐκαρποῦσιν αἰώνιον ζωὴν χαριζόμενος (bruciando la sterilità ed elargendo la vita eterna a chi porta buon frutto), οἱ παῖδες εὐσεβείᾳ συντραφέντες, δυσσεβοῦς προστάγματος καταφρονήσαντες (i fanciulli allevati nella pietà, disprezzando un empio comando), ψυχῆς τελῶν ἔμφρονος … ἀψύχων εὐλαβοῦμαι·(dotato di un’anima intelligente … temo gli esseri inanimati), νηπιόφρονα … νηπιάσας ἐπέφανε (è apparso bambino … divenuto bambino nella mente), ecc. Detorakis, Kosmas, p. 142.
[32] Secondo E.A. Pezopoulos nel Can. Giov. S., ode 1°, trop. 1° (Christ, Paranikas, Anthologia, p. 190) Cosma pone «Ἡ πανταιτία» invece di «Ἡ παναιτία» probabilmente per ottener il metro docmiaco (U — — | U —), nel Can. Giov. S., ode 5°, trop. 1° (Christ, Paranikas, Anthologia, p. 192) ritroviamo il metro dattilo-trocheo: Ἡ τὸ ἄσχετον κρατοῦσα // καὶ ὑπέρροον ἐν αἰθέρι ὕδωρ (— U U | — U U | — U // — U U | — U U | — U U |— U), nel Triod. Merc. S., ode 3°, irmo (Christ, Paranikas, Anthologia, p. 189) c’è un esempio dell’endecasillabo saffico: «ἐπλάτυνας τὸ στόμα μου ἐπ’ ἐχθρούς» (— U — X | — U U — | U — X), nel Diod. Mart. S., ode 8°, irmo (Christ, Paranikas, Anthologia, p. 188) troviamo il metro sotadeo, cioè verso tetrametro ionico a maiore brachicatalettico: «Τῷ δόγματι τῷ τυραννι | κῷ οἱ ὅσιοι τρεῖς» (— — U U — — U U | — — U U — —), almeno cinque volte ritroviamo il metro archebuleo (U U — U U — | U U — U U — | U — —): Τῷ τὴν ἄβατον, κυμαινομένην θάλασσαν (Triod. Lun. S., ode 1°, irmo, Christ, Paranikas, Anthologia, p. 187), Βάθος σοφίας θεϊκῆς καὶ γνώσεως οὐ (Triod. Ven. S., ode 8°, trop. 3°, Christ, Paranikas, Anthologia, p. 195), Βασιλεύει, ἀλλ’ οὐκ αἰωνίζει ᾅδης (Tetr. Sab. S., ode 6°, trop. 3°, Christ, Paranikas, Anthologia, p. 199), Ἀριμαθαίας δὲ ἀριστεύει Ἰωσήφ (Tetr. Sab. S., ode 8°, trop. 2°, Christ, Paranikas, Anthologia, p. 200), δεύτερος ὁ ἐν ὑψίστοις οἰκῶν κατῆλθε (Tetr. Sab. S., ode 8°, trop. 1°, Christ, Paranikas, Anthologia, p. 200), e due volte ritroviamo il verso giambelego (X — U — X — U U — U U —): Διακονῆσαι αὐτὸς ἐλήλυθα, οὗ (Triod. Lun. S., ode 1°, trop. 2°, Christ, Paranikas, Anthologia, p. 187), Νόμων πατρῴων οἱ μακαριστοὶ ἐν (Can. Giov. S., ode 8°, irmo, Christ, Paranikas, Anthologia, pp. 192-193). Pezopoulos E.A. Poikila prosôidiaka metra en têi ekklêsiastikêi poiêsei / Epetêris Hetaireias Byzantinôn Spoudôn, 17 (1941), pp. 286-297. Detorakis, Kosmas, pp. 143-146.
[33] Christ, Paranikas, Anthologia, p. 176. Detorakis, Kosmas, p. 144.
[34] «πηγὴν πνευματοκίνητον κρουνοὺς ᾀσμάτων ἀφθόνως ἀναβλύζουσαν», «ἔξαρχον τῶν πνευματικῶν μελῳδιῶν», «ὑμνοπόλων τὸν πρώτιστον», «κανόνα ἐναρμόνιον καὶ εὐθύτατον», «σάλπιγγα εὔηχον», «ἐφάμιλλον ὑμνῳδὸν τῶν ἀγγέλων», «ἡδύπνοον ὄργανον τῶν ᾀσμάτων τοῦ Πνεύματος», «λύραν ἔνθεον καὶ θελκτήριον», «τέττιγα πολύφωνον», «ἀηδόνα θείαν», «κιθάραν εὔμουσον», «χελιδόνα καλλικέλαδον», «νευρὰν τοῦ μελίσματος εὔσημον», «κάλαμον ὀξυγράφου», «μελῳδῶν τερπνὸν καύχημα», ecc. Eustratiadês S. Kosmas Hierosolymitês ho poiêtês episkopos Maiouma / Nea Siôn 28 (1933),p. 90. Detorakis, Kosmas, p. 147.
[35] Detorakis, Kosmas, p. 148.
[36] «Κοσμᾶς: ὁ ἐξ Ἱεροσολύμων, σύγχρονος Ἰωάννου τοῦ Δαμασκηνοῦ». Suidae Lexicon (ed. Adler A.), pars III. Lipsiae 1933, p. 162, n. 2139. «συνήκμαζε δ’ αὐτῷ καὶ Κοσμᾶς ὁ ἐξ Ἱεροσολύμων, ἀνὴρ εὐφυέστατος καὶ πνέων μουσικὴν ὅλως τὴν ἐναρμόνιον. οἱ γοῦν ᾀσματικοὶ κανόνες Ἰωάννου τε καὶ Κοσμᾶ σύγκρισιν οὐκ ἐδέξαντο οὐδὲ δέξαιντο, μέχρις ἂν ὁ καθ’ ἡμᾶς βίος περαιωθήσεται». Suidae Lexicon (ed. Adler A.), pars II, Lipsiae 1931, p. 649, n. 467. Detorakis, Kosmas, p. 83. Kazhdan, Gero, Kosmas / BZ 82 (1989), p. 125.
[37] «… μετὰ καὶ Κοσμᾶ, οὖτινος πολὺς ὁ λόγος τῶν ἐν ταῖς ἁγίαις ἑορταῖς ποιημάτων καὶ μελῳδιῶν, καὶ μάλιστα ἐν τῇ ἁγίᾳ μεγάλῃ ἑβδομάδι περὶ τοῦ Πάσχα». Il Menologio di Basilio II : (cod. vaticano greco 1613), vol. II. Torino 1907, p. 213. Menologium Graecorum Basilii Porphyrogeniti imperatoris jussu edetum / PG 117, 184. Detorakis, Kosmas, p. 18. Ševčenko N.P. Menologion of Basil II /ODB 2, pp. 1341-1342. Luzzi A. Per l’individuazione del codice modello delle due prime edizioni a stampa del semestre estivo del “Menologio” di Basilio II in: Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, Nuova Serie, v. 52 (1998), pp. 95-115.
[38] «οὗτος ὁ ὅσιος Ἰωάννης καὶ μελῳδὸς ὠνομάσθη μετὰ Κοσμᾶ ἐπισκόπῳ τοῦ Μαϊουμᾶ καὶ Θεοφάνους ἀδελφοῦ Θεοδώρου τῶν γραπτῶν, διὰ τὸ αὐτοὺς μελῳδῆσαι τὰ ἐν ταῖς ἐκκλησίαις τῶν Χριστιανῶν τετυπωμένα ψάλλεσθαι». Georgius Cedrenus, Compendium historiarum, vol. I (ed. Bekker I.). Bonn 1838, p. 799. Giorgio Cedreno in questo passo cita la cronaca di Pseudo-Simeone (X sec.): Browning R. Notes on the ‘Scriptor Incertus de Leone Armenio’ / Byzantion 35 (1965), p. 410. Detorakis, Kosmas, p. 83. Kazhdan, Gero, Kosmas / BZ 82 (1989), p. 122.
[39] «Πείρᾳ δὲ μαθεῖν ἡμῖν ἔξεστιν, ὁποῖος τῷ λόγῳ καὶ τῇ γνώσει γέγονε, τοῖς αὐτῷ πονηθεῖσι κανόσι τε καὶ τροπαρίοις καὶ ἑτέροις συγγράμμασιν ἐπιμελῶς ἐντυχοῦσι». Synaxarium eccl. Const., 396. Detorakis, Kosmas, p. 20. Kazhdan, Gero, Kosmas / BZ 82 (1989), p. 127.
[40] «… τὸν μονήρη βίον ἠσπάσατο μετὰ τοῦ μακαρίου Κοσμᾶ, τοῦ γεγονότος ὕστερον ἐπισκόπου Μαϊουμᾶ. Οἳ θεόθεν ἐμπνευσθέντες διά τε τροπαρίων ἄλλων καὶ κανόνων πλείστων τό τε θεῖον καὶ τὴν Θεοτόκον καὶ πολλοὺς τῶν ἁγίων ἐξύμνησαν· καὶ εἰσέτι τὰ αὐτῶν μελῳδήματα ᾄδονται πᾶσιν θεῖον ἐντρύφημα προκείμενα. Ἐπίσης οὖν καὶ ἄμφω τὴν ἄσκησιν μετελθόντες … Ὁ δέ γε ἀοίδιμος Κοσμᾶς πλεῖστα καὶ αὐτὸς τῇ θείᾳ γραφῇ ἐμμελετήσας καὶ πολλὰ συγγράμματα τῇ ἐκκλησίᾳ καταλελοιπὼς ἐν εἰρήνῃ τὸν βίον ἀπέλιπε». Synaxarium eccl. Const., 279.
[41] «… Οἵτινες πλεῖστα τροπάρια καὶ κανόνας εἰς δεσποτικὰς ἑορτὰς καὶ μνήμας ἁγίων ἐξέθεντο ὑπὸ ἀκροστιχίδος, τινὰ δὲ καὶ ἔμμετρα, ἅπερ καὶ μέχρι τῆς σήμερον ἐν τῇ ἐκκλησίᾳ τοῦ θεοῦ ᾄδονται, θαυμασιώτατα ὄντα καὶ πλήρη ὑπάρχοντα ἡδυφωνίας καὶ μουσικῆς τερπνότητος». Gordillo, Damascenica, p. 64. Detorakis, Kosmas, p. 28. Kazhdan, Gero, Kosmas / BZ 82 (1989), p. 127.
[42] «ὁ περιφανὴς τῆς ἑῴας ἀστήρ, ὁ τῆς Ἐκκλησίας ἡδύφθογγος ῥήτωρ, ὁ ᾄσμασι ταύτην καταφαιδρύνας καὶ λαμπροτέραν ἀπεργασάμενος. Ἐσκιαγραφημένον γάρ, ὥσπερ εἰπεῖν, τὸ ταύτης μέλος λαβών, καθάπερ ζωγράφος ἄριστος χρώμασιν εὐανθέσι τ<ῶν> λόγων καταποικίλας ὡραίαν αὐτὴν καὶ τερπνὴν ἀπειργάσατο …». Detorakis, Vie inédite, p. 10616-21. Detorakis, Kosmas, p. 26.
[43] Detorakis, Vie inédite, pp. 112229-115289, 113259-114261. Detorakis, Kosmas, p. 25.
[44] «Ὃς δὴ καὶ οὗτος [ὁ Κοσμᾶς] τοῖς ἐν ᾄσμασι πνευματικοῖς πόνοις, τὸν Ἰωάννην ἐμιμήσατο συνετῶς, καὶ ὑπῇσε λιγυρὰς τῇ Ἐκκλησίᾳ ἁρμονίας ἐν κιθάρᾳ καὶ φωνῇ ψαλμοῦ, τὸ οἰκεῖον σῶμα τύμπανον παραστησάμενος τῷ Θεῷ διὰ τὴν τῶν παθῶν νέκρωσιν, καὶ ψαλτήριον ἄλλο δεκάχορδον καταστήσας, ὅλον ἑαυτὸν, τὴν πενταπλῆν τοῦ σώματος αἴσθησιν, καὶ τὰς ἰσαρίθμους δυνάμεις τῆς ψυχῆς ἐντέχνως καὶ σοφῶς ἐντεινάμενος». Vita S.P.N. Joannis Damasceni, XXXIV / PG94, 477AB. Detorakis, Kosmas, pp. 38-39.
[45] «Ἀλλ’ ἵνα μὴ τῷ μήκει βάρος ταῖς ἀκοαῖς ἐπισυναγάγωμεν, τῶν μελισμάτων μόνον ἐπιμνηστέον αὐτοῦ· οἷς οὐ τοσοῦτον προσετετήκει καὶ ἐνησχόλητο, ἀλλ’ ἔστιν ὅτε καλέσοι καιρὸς αὐτὰ διεχάραττεν. Καὶ πρώτως ἐνάρχεται τῶν ᾀδομένων ὕμνων ἐν ταῖς ἑωθιναῖς καὶ ἑσπερινοῖς ὕμνοις τοῦ καθαρσίμου τῆς νηστείας καιροῦ· ταῦτα γὰρ καὶ μόνα τὰ ἰδιάζοντα μέλη, κοσμούμενα γλυκυτάτοις νοήμασι καὶ λιγυροῖς μέλεσιν ὡραϊζόμενα, ἐφ’ ὅλης ἐξέθετο τῆς νηστίμου τροφῆς. Εἶτα τὴν πρὸ τοῦ θείου Πάσχα ἑβδομάδα ὑμνεῖ καθ’ ὁλόκληρον, ἀρξάμενος ἀπὸ τοῦ κατὰ τὸν θεῖον Λάζαρον θαύματος, μόνης ἐξαιρουμένης τῆς νυκτὸς ἐκείνης, καθ’ ἣν ἡ προδοσία καὶ ἡ κρίσις τοῦ δεσπότου ἐγένετο· τὸ γὰρ τότε μέλος τριῴδιον Σωφρόνιος Ἱεροσολύμων ἐξέθετο. Εἶτα μεταβαίνει καὶ πρὸς τὰς καθ’ ἑξῆς τοῦ δεσπότου Χριστοῦ καὶ Θεοῦ ἑορτάς, ἃς τῇ ἐκκλησίᾳ ὁ προειρημένος Σωφρόνιος κατὰ τοὺς καιροὺς αὐτῶν ἀποτέταχε … καὶ πρώτως ὑμνεῖ Κοσμᾶς τὸν κατὰ τὸ ἀνθρώπινον τόκον Χριστοῦ, εἶτα καθ’ ἑξῆς τοὺς διὰ τὸν μνήστορα Ἰωσὴφ συγγενεῖς αὐτοῦ, Δαβίδ, Ἰάκωβον φημὶ καὶ Ἰούδαν καὶ Συμεών· ἐν τῷ μέσῳ δὲ καὶ τὴν τῶν βρεφῶν κατὰ τοὺς ἑσπερίους ὕμνους ἐν τρισὶ τροπαρίοις ἐμέλισεν ἑορτήν, πολλὴν δεινότητα καὶ μεγαλοφωνῆ κεκτημένοις στιβαρότητα καὶ τὸ ἦθος αὐτοῦ τὸ ἐμβριθὲς ἀκριβῶς παριστάνουσιν. Εἶτα πρὸς τὰ κατὰ τὸν Ἰορδάνην θαύματα τὴν τοῦ λόγου ῥύμην ὀχετηγεῖ, κροτεῖ τὴν ἐν τῷ Ἱερῷ ἀπόδοσιν τοῦ Θεοῦ· καὶ τὴν κατὰ τὸ Θαβὼρ ἀστραπὴν ὡς ὅσον ἐξῆν ἰδεῖν οἱ μαθηταὶ τεθεάκασιν, οὕτω καὶ οὗτος ὅσον ἐξῆν εἰπεῖν παρεστήσατο· τούς τε ἐξοδίους ὕμνους τῆς Θεομήτορος, εἴτε συνθρηνῶν τοῖς συνιοῦσιν αὐτόπταις, εἴτε συνεξιστάμενος τοῖς συμπαροῦσιν ἀρχιεράρχαις, τέως οὕτως ἐξύφανεν. Ἀλλὰ καὶ περὶ τοὺς ὕμνους τῆς Σταυρικῆς Ἀνυψώσεως τοιοῦτόν τι γέγονε … Ἀλλὰ καὶ τὴν οὕτω σεπτὴν καὶ παγκαλλῆ τοῦ πνεύματος δόσιν καὶ [τὸν] τῶν μαθητῶν ἐπὶ κεφαλῆς ἐμπρησμὸν ἢ σοφισμὸν διὰ πυρίνου τοῦ πνεύματος μετὰ τοῦ πνεύματος ἐξυμνεῖ, καὶ τὸν πρόεδρον Ἀλεξανδρείας Προτέριον εἶτα καὶ ἐξ αἵματος στεφανίτην ἀστείως ἄγαν κοσμεῖ· καὶ τὸν ἐν μάρτυσιν ἐξοχώτατον Γεώργιον ἀνυμνεῖ, διὰ τὸ συμφυλέτην εἶναι καὶ συμπατριώτην καὶ Παλαιστιναῖον καὶ τὸ γένος ἕλκειν περιφανές. Πείθει δὲ αὐτὸν καὶ ὁ ἐξ Αἰγύπτου ἥκων θεῖος Μηνᾶς, τὸν συναθλητὴν νυκτὸς ἀποστείλας Βικέντιον, τὰ κατ’ αὐτοὺς ἀνδραγαθήματα διαγράψασθαι, Δὸς ἡμῖν τήνδε τὴν χάριν ἐνσκήπτων, τὸ μὴ λήθῃ τόνδε τὸν βίον τὰ καθ’ ἡμᾶς παρελθεῖν· καὶ γὰρ ἐκ γειτόνων ἐσμέν φησίν· ἡμεῖς δ’ οὐκ ἐσόμεθα ἀμνήμονες περὶ τὴν τῆς χάριτος ἀνταπόδοσιν. Συνεπιτούτοις καὶ τὸν πολύτλαν Ἰὼβ μεγαλύνει· προσέκειτο γὰρ ἀεὶ τῷ τοιούτῳ καὶ συνεχῶς ἐπὶ γλώττης καὶ διὰ θαύματος ἔφερεν, οὐ μόνον διὰ τὴν ἀρετὴν καὶ τὴν κατὰ πάθους παντὸς καὶ πολέμου ἀνδρίαν καὶ ἔνστασιν, ἀλλὰ καὶ διὰ τὸ γείτονα εἶναι τὴν Ἀράβων τῷ Μαϊουμᾷ. Καὶ ἄλλους οὐχ ἥττους τούτων ὑμνεῖ, οὐ καταχρᾶται δέ γε τοῖς μέλεσιν». IoannesMercuropulos, Vita Ioannis et Cosmae, 29-30, 32 / AHS, IV, pp. 33611-25, 3373-17, 33911-3401. Detorakis, Kosmas, pp. 48-50, 116-117.
[46] «Ὁ τοίνυν σοφώτατος Ἰωάννης μετὰ τοῦ ὁσίου Κοσμᾶ τὰ χρήματα πάντα καὶ εἴ τι ἄλλο ἦν τῷ ἀποιχομένῳ Μανσοὺρ πένησι διανείμαντες ἐν Δαμασκῷ καὶ ἐν πᾶσι τοῖς ὁρίοις αὐτῆς, καὶ μέχρι τῶν Ἱεροσολύμων ἐλθόντες, εἴς τε τοὺς ἐκεῖσε ἁγίους ναοὺς ὄντας περινοστήσαντες καὶ τοὺς Ἁγίους Τόπους, καὶ ἐκ τῶν ἐν αὐτοῖς ὄντων τιμίων πατέρων πλείστην ὠφέλειαν καρπωσάμενοι, τῶν ἄλλων ὑπεριδόντες ἁπάντων, διατρίβειν μετ᾿ αὐτῶν ᾑρετίσαντο καὶ ἐνταῦθα πρῶτον γράφειν ἀπήρξαντο καὶ τὰ ποιήματα μελῳδεῖν· ἐδόθη δὲ μεγίστη χάρις αὐτοῖς καὶ ἐπεφοίτησεν ἡ τοῦ Ἁγίου Πνεύματος δύναμις ἐπ᾿ αὐτούς, καὶ ἤρξαντο συγγράφειν τὴν νῦν τελουμένην τοῦ Λυχνικοῦ καὶ Ὄρθρου ποίησιν καὶ τὰς ἑορτὰς τοῦ Σωτῆρος κοσμεῖν καὶ τὴν Θεοτόκον μεγαλύνειν καὶ τοὺς ἁγίους πάντας ἐγκωμιάζειν ἐν μελίσμασιν, ὡς ἔστι τοῖς φιλοπόνοις ἐξετάζειν καὶ τοῖς φιλαρέτοις εὑρίσκειν τὰ τοιαῦτα συγγράμματα τῶν ἀοιδίμων καὶ μακαρίων τούτων ἀνδρῶν». Vita Cosmae et Ioannis Damasceni, 11 / AHS, IV, pp. 2793-17. Detorakis, Kosmas, pp. 59, 64.
[47] Christ, Paranikas, Anthologia, pp. 161-165. «… καὶ πρὸς τὴν μεγάλην Ἀντιοχείαν· καὶ ξενισθεὶς παρὰ τῷ καθηγουμένῳ τῆς μονῆς τοῦ προδρόμου καὶ βαπτιστοῦ Ἰωάννου κατ᾿ αὐτὴν τὴν ἑορτὴν τοῦ τιμίου καὶ ζωοποιοῦ Σταυροῦ, ἐπεὶ τὸν κανόνα τῆς ἑορτῆς ἔψαλλον, οὗ ποιητὴς αὐτὸς ἦν …». Vita Cosmae et Ioannis Damasceni, 18 / AHS, IV, pp. 2875-24. Detorakis, Kosmas, pp. 59-60.
[48] «Πρὸ γὰρ τούτων οὐχ εὕρηταί τις ἕτερος τὰ τῆς νέας μελίσεως ᾄσματα καὶ ἀρχαῖς ἐναρμονίοις καθαρμοσάμενος, ἀλλ’ αὐτοὶ ἁπάντων ἡγήσαντο καὶ ἀπ’ αὐτῶν τῶν ἄλλων ἡ πρόοδος γέγονεν. Ἀλλὰ καὶ τὸ τούτου πολὺ σοφώτερον καὶ ὑπερφυέστερον· ὅτι πρὸ τούτων οὐχ εὕρηταί τις οὔτε τις ἐκ τῆς νέας οὔτε τις ἐκ τῆς παλαιᾶς οὔτε τῆς ἔξω σοφίας ἐν ἤχοις ὀκτὼ συμποσώσας τοὺς ὅλους καὶ τὰς ἑκάστου ἰδιαζόντως εὐρυθμίας παραδιδούς, πρᾶγμα σοφίας ἐκπλήκτου καὶ γνώσεως ὑπερνικώσης ἀνθρώπινον … Οἱ γὰρ πρὸ τούτων ᾠδοὶ ἔλεγον μὲν καὶ ἐμέλιζον ᾄσματα, ἕκαστον δὲ τῶν ὑπ’ αὐτῶν ᾀδομένων ὁποίου καθέστηκεν ἤχου οὐκ ἠπίσταντο. Οὗτοι δὲ πρὸς τὸ ᾄδειν καὶ τὴν γνῶσιν τοῦ ἤχου ἐκέκτηντο καὶ τοῦ εἱρμοῦ οὐκ ἐξήρχοντο, διὸ καὶ πολὺ τὸ ὑπεραῖρον τούτοις παρὰ τοῖς κρίνουσιν ὀρθῶς τεθεώρηται». Vita Ioannis et Cosmae / Cod. Athen. 321, ff. 23r-v. Detorakis, Kosmas, pp. 69-70, 150.
[49] «Ὅτι δὲ τῶν θείων τούτων ὑμνῳδιῶν πρῶτος αὐτὸς σὺν τῷ ἀδελφῷ Ἰωάννῃ ἐφευρετής, πᾶσι πάντως ἐπιγινώσκεται». Vita et miracula / ΕHΒS, 41, p. 282616-283617. Detorakis, Kosmas, pp. 78-79, 150.
[50] Detorakis, Kosmas, p. 151.
[51] Triod. Lun. S., ode 8°, trop. 1°; Triod. Lun. S., ode 9°, trop. 2°; Diod. Mart. S., ode 9°, trop. 1°; Triod. Merc. S., ode 9°, trop. 2°. Christ, Paranikas, Anthologia, pp. 187, 188, 190. Anthologhion, vol. 2, pp. 945-946, 968, 989. Detorakis, Kosmas, p. 152.
[52] Tetr. Sab. S., ode 9°, irmo. Christ, Paranikas, Anthologia, p. 201. Anthologhion, vol. 2, p. 1115. Cfr. Nikodêmos Hagiorita, Heortodromion: êtoi hermêneia eis tous asmatikous kanonas tôn despotikôn kai theomitorikôn heortôn. Benetia 1836, p. 411. Detorakis, Kosmas, pp. 153-154. Theodôrou A. “Pros to hekousion Pathos”. Athêna 1998, pp. 363-364.
[53] Tetr. Sab. S., ode 9°, trop. 1°. Christ, Paranikas, Anthologia, p. 201. Anthologhion, vol. 2, p. 1115. Nikodêmos Hagiorita, Heortodromion, p. 412. Detorakis, Kosmas, p. 154.
[54] Tetr. Sab. S., ode 9°, trop. 2°. Christ, Paranikas, Anthologia, p. 201. Anthologhion, vol. 2, p. 1115. Nikodêmos Hagiorita, Heortodromion, pp. 413. Detorakis, Kosmas, p. 154.
[55] Tetr. Sab. S., ode 9°, trop. 3°. Christ, Paranikas, Anthologia, p. 201. Anthologhion, vol. 2, pp. 1115-1116. Nikodêmos Hagiorita, Heortodromion, pp. 414-415.
[56] Detorakis, Kosmas, pp. 154-157.
[57] Oktoichos, cioè libro degli “otto toni”, [o Paraklitiki] è il libro delle otto settimane, corrispondenti agli otto toni della musica bizantina; contiene quindi il ciclo ordinario dell’ufficio settimanale, che si compone abitualmente con il ciclo dei santi e in parte anche con quello dei tempi speciali. Anthologhion, vol. 4, p. 1082. Cfr. Christ, Paranikas, Anthologia, p. LXX. Detorakis, Kosmas, pp. 157-160.
[58] Mêtsakês K. Byzantinê Hymnografia, vol. I. Thessalonikê 1971, p. 357. Xydês Th. Byzantinê Hymnografia, Athena 1978, pp. 94-95. Detorakis, Kosmas, p. 160.
[59] Detorakis, Kosmas, p. 161.
[60] Skaballanovič M. Tolkovyj tipikon, vol. II, Kiev 1913, p. 259. Schneider H. Die biblischen Oden im christlichen Altertum / Biblica, vol. 30 (1949), pp. 30-34, 497. Trypanis K.A. La poesia bizantina. Milano 1990, p. 53. Velimirovic M. Canticle / The New Grove Dictionary of Music and Musicians (ed. Sadie S.), 2nd ed., vol. III. New York, 2001, p. 724. Petrynko O. Der jambische Weihnachtskanon des Johannes von Damascus. Münster 2010, p. 22.
[61] Cfr. Christ W., Paranikas M. Anthologia graeca carminum christianorum. Lipsiae 1871, p. LXIII.
[62]Schneider, pp. 34-35.
[63] Cfr. Schneider,p. 497.
[64] Melito of Sardis, On Pascha and fragments (ed. Hall S.G.) / Oxford early Christian texts. Oxford 1979, pp. 2-3. Velimirovic, Canticle / NGDMM, III, p. 724.
[65] Melito of Sardis, On Pascha, 67, ed. Hall S.G., pp. 34-37.
[66] Cfr. Homélies Pascales I : Une homélie inspirée du traité sur la Pâque d’Hippolyte, 63 (ed. Nautin P.) / SCh 27 (1950), pp. 190-191.
[67] Cfr. Homélies Pascales I, 44, pp. 164-165. Cfr. Melitone di Sardi, Sulla Pasqua, 74, in: Cantalamessa R. I più antichi testi pasquali della Chiesa. Roma 2009, p. 85. Cfr. Schneider,p. 37.
[68] Origene, Omelie sull’Esodo, 6,1 (ed. Danieli M.I.) / CTP, 27 (1991), p. 109. Origène, Homélies sur L’Exode (ed. Borret M.) / SCh 321 (1985), pp. 170-171. Cfr. Petrynko, p. 22.
[69] 1) Cantemus Domino: Es 15,1ss.; 2) Ascendat puteus: Num 21,17-18; 3) Audite caeli quae loquor: Dt 32,1ss.; 4) Cantico di Debora: Giu 5,2ss.; 5) Cantico di Davide Dominus firmamentum: 2Sa 22,2ss.; 6) Cantabo canticum dilecto vineae meae: Is 5,1ss.; 7) Cantico dei Cantici. Origène, Homélies sur le Cantique des Cantiques, 1,1 (ed. Rousseau O.) / SCh 37 (1953), pp. 30-31, 60-61. Origene, Omelie sul Cantico dei Cantici, 1,1 (ed. Danieli M.I.) / CTP, 83 (1995), pp. 37-38. Rousseau O. La plus ancienne liste des cantiques liturgiques tirés de l’Écriture / Recherches de Science Religieuse, 35 (1948), pp. 120-129. Cfr. Schneider, pp. 50-51. Petrynko, pp. 22-23.
[70] Atanasio di Alessandria, Lettere festali, 4,1(ed. Camplani A.) / Letture cristiane del primo millennio, 34. Milano 2003, p. 262. Athanasius Alexandrinus, Epistolae Heortasticae, IV,1 / PG 26, 1377. Cfr. Schneider, pp. 37-38.
[71] Jean Chrysostome, Lettre d’exil à Olympias et à tous les fidèles (Quod nemo laeditur), 16 (ed. Malingrey A-M.) / SCh 103 (1964), pp. 138-139. Tyrannius Rufinus, Apologia (contra Hieronymum), II, 37 e 39 in: Tyrannii Rufini Opera (ed. Simonetti M.) / Corpus Christianorum Series Latina 20 (1961), pp. 112, 113-114. Rufino di Concordia, Apologia contro Girolamo, II, 37 e 39 in: Rufino di Concordia, Scritti apologetici (ed. Simonetti M.) / Scrittori della Chiesa di Aquileia V/1 (Roma 1999), pp. 200-201, 204-205. Cfr. Schneider, p. 44. Cfr. Petrynko, p. 23.
[72] Proclus of Constantinople, Homily 5, I: Constas N. Proclus of Constantinople and the Cult of the Virgin in Late Antiquity, Leiden/Boston 2003, pp. 256-259. Cfr. Schneider, p. 44.
[73] Cfr. Schneider, p. 38.
[74] Cfr. Christ, Paranikas, Anthologia, p. LXIII. Cfr. Schneider, pp. 37-65. Cfr. Petrynko, pp. 24-25.
[75] Odi di: 1. Mosè (Es 15,1-19), 2. Mosè (Dt 32,1-43), 3. Anna, madre di Samuele (1Re[Sam] 2,1-10), 4. Isaia (Is 26,9-20), 5. Giona (Gion 2,3-10), 6. Abacuc (Ab 3,2-19), 7. Ezechia (Is 38,10-20), 8. Manasse (non presente nell’AT, basata su 2Cr 33,18), 9. Azaria (Dn 3,26-45), 10. tre giovani (Dn 3,52-88), 11. Magnificat (Lc 1,46-55), 12. Simeone (Lc 2,29-32), 13. Zaccaria (Lc 1,68-79), 14. Hymnus angelicus Gloria in excelsis Deo (con richiami a Lc 2,14; Sal 144,2; 118,12). Cfr. Rousseau, La plus ancienne liste des cantiques, p. 126. Cfr. Schneider, pp. 52-53. Rahlfs A. Psalmi cum Odis. Götingen 1967 (2nd ed.), pp. 341-365. Velimirovic, Canticle / NGDMM, III, p. 724.
[76] Dato che la disposizione delle odi nel supplemento non corrisponde alla loro sequenza nei libri biblici dello stesso codice, si può presumere la loro destinazione all’uso liturgico. Petrynko, p. 25.
[77] Cfr. Rousseau, La plus ancienne liste des cantiques, p. 126. Parpulov G.R. Toward a History of Byzantine Psalters. Chicago 2004, p. 48. Petrynko, p. 25.
[78] Cfr. Rousseau, La plus ancienne liste des cantiques, p. 125. Cfr. Schneider, p. 57. Velimirovic, Canticle / NGDMM, III, p. 724. Parpulov G.R. Psalters and Personal Piety in Byzantium in: Magdalino P., Nelson R. The Old Testament in Byzantium. Dumbarton Oaks 2010, p. 85.
[79] Taft R.F. Mount Athos: A Late Chapter in the History of the Byzantine Rite / DOP 42 (1988), pp. 181-182. L’ordine ovvero il canone dei 9 cantici comprende le odi di: 1. Mosè (Es 15,1-19), 2. Mosè (Dt 32,1-43), 3. Anna (1Re[Sam] 2,1-10), 4. Abacuc (Ab 3), 5. Isaia (Is 26,9-20), 6. Giona (Gion 2,3-10), 7. Azaria (Dn 3,26-56), 8. tre giovani (Dn 3,57-88), 9. Magnificat (Lc 1,46-55) e l’ode di Zaccaria (Lc 1,68-79). Anthologhion di tutto l’anno, vol. 4 (tr. Artioli M.B.). Roma 2000, p. 1078. Cfr. Christ, Paranikas, Anthologia, p. LXIII. Cfr. Fortescue A. Canon dans le rite byzantin / DACL, II/2 (ed. Cabrol F.), Paris 1910, p. 1906. Cfr. Schneider, p. 253.
[80] Uspensky Psalter (St. Petersburg, National Library of Russia, MS gr. 216). Schneider, p. 255.
[81] Longo A. Il testo integrale della «Narrazione degli abati Giovanni e Sofronio» attraverso le «Ἑρμηνεῖαι» di Nicone, RSBN, n.s. 2-3 (1965-1966), pp. 223-267.
[82] Schneider, pp. 258-260. Cfr. Petrynko, pp. 34, 37-38.
[83] Il vocabolo τροπάριον è un diminutivo derivato da τρόπος (= qualcosa che ritorna, costume, modo, nel senso di modo o stile musicale). Il tropario significa una frase che ritorna in canto, del tutto come il diminutivo italiano ritornello derivato da ritorno. Il termine τρόπος ebbe gia nel lirismo classico il senso di ritmo e di melodia. In seguito, il tropario indicò un inno breve in un determinato modo musicale. Christ, Paranikas, Anthologia, pp. LXVIII-LXIX. Bouvy E. Poètes et Mélodes : étude sur les origines du rythme tonique dans l’hymnographie de l’Église grecque. Nimes 1886, pp. 222, 258. Skaballanovič M. Tolkovyj tipikon, vol. I, Kiev 1910, pp. 365-366. Mateos J. La psalmodie dans le rite byzantin / Proche-Orient Chrétien 15 (1965), p. 115. Tzirakês E.N. Troparion / Thrêskeutikê christianikê enkyklopaideia, vol. 11 (ed. Martinos A.). Athênai 1967, p. 865. Dalmais I-H. Tropaire, Kontakion, Kanon: Les éléments constitutifs de l’hymnographie byzantine in: Becker H., Kaczynski R. Liturgie und Dichtung: ein interdisziplinäres Kompendium I: Historische Präsentation, Berlin 1983, p. 424. Trypanis, La poesia bizantina, pp. 70, 252, nota 37. Jeffreys E.M. Troparion / ODB 3, p. 2124. Anthologhion, vol. 4, p. 1084.
[84] Theodoros Anagnostes, Kirchengeschichte (ed. Hansen G.C.) / Die griechischen christlichen Schriftsteller der ersten Jahrhunderte, 54 (1971), p. 109. Theodorus Lector, Excerpta ex Ecclesiastica Historia, ex Libro Primo, 19 / PG 86a, pp. 173-176. Georgius Cedrenus, Compendium Historiarum a mundo condito usque ad Isaacium Comnenum imperatorem / PG 121, pp. 665-666. Symeon Metaphrastes, Vita Sanctorum: Vita et conversatio et exercitatio sanctissimi et beatissimi Auxentii, II / PG 114, pp. 1379-1380. Cfr. Skaballanovič, vol. I, p. 260. Wellesz E. A History of Byzantine Music and Hymnography. Oxford 1961, p. 174. Dalmais, p. 425. Trypanis, La poesia bizantina, p. 55.
[85] Symeon Metaphrastes, Vita Sanctorum: Vita et conversatio et exercitatio sanctissimi et beatissimi Auxentii, XLVI / PG 114, pp. 1415-1416. Pitra J-B. Analecta sacra Spicilegium Solesmensi parata, vol. I. Paris 1876, pp. XXIII-XXIV. Skaballanovič, vol. I, pp. 365-366. Dalmais, pp. 424-425.
[86] Der Papyrus der Sammlung des Erzherzog Rainer N. 542 der Exposition. Bickell G. Das älteste liturgische Schriftstück / Mittheilungen aus der Sammlung der Papyrus Erzherzog Rainer, vol. 2-3 (ed. Karabacek J.), Wien 1887, pp. 83-84. Wessely C. Les plus anciens monuments du christianisme écrits sur papyrus II/III/ Patrologia Orientalis, 18 (ed. Graffin R., Nau F.), Paris 1924, pp. 438-439. Dalmais, p. 425. Trypanis, La poesia bizantina, pp. 54, 253, nota 43. Petrynko, p. 40.
[87] Jean Cassien, Institutions cénobitiques, II,2,1 (ed. Guy J.C.) / SCh 109 (1965), pp. 58-59. L’identificazione del termine modulationes con tropari segue l’opinione di Baumstark A. Nocturna Laus / Liturgiewissenschaftliche Quellen und Forschungen, Heft 32. Münster 1957, p. 128, nota 431. Petrynko, p. 40.
[88] Bouvy, Poètes et Mélodes, p. 221. Schneider, p. 260. Dalmais, p. 424. Petrynko, p. 41.
[89] Bouvy, Poètes et Mélodes, p. 225. Wellesz, History, p. 171. Jeffreys, Troparion, p. 2124. Petrynko, p. 41.
[90] Bouvy, Poètes et Mélodes, p. 258. Cfr. Weyh W. Die Akrostichis in der byzantinischen Kanonesdichtung // BZ 17 (1908), p. 6. Schneider, p. 260.
[91] Bouvy, Poètes et Mélodes, p. 258. Wellesz, History, p. 171. Trypanis, La poesia bizantina, p. 53.
[92] Cfr. Christ, Paranikas, Anthologia, p. LX. Bouvy, Poètes et Mélodes, pp. 258-259, 268. Beck H.G. Kirche und theologische Literatur im Byzantinischen Reich. München 1959, p. 265. Trypanis, La poesia bizantina, p. 257, nota 26. Cfr. Anthologhion, vol. 4, pp. 1079, 1080.
[93] Wellesz, History, p. 171. Jeffreys, Troparion, p. 2124. Velimirovic, Canticle / NGDMM, III, p. 724.
[94] Christ, Paranikas, Anthologia, p. LXIII. Weyh, Die Akrostichis, p. 6. Cfr. Beck, Kirche und theologische Literatur, p. 265. Dalmais, p. 431. Trypanis, La poesia bizantina, pp. 73-74. Follieri E. I libri liturgici della Chiesa bizantina in: Vaccaro L. Storia religiosa della Grecia. Milano 2002, p. 88. Petrynko, p. 46.
[95] BHG 1438w, Longo, Narrazione, pp. 223-267.
[96] Parenti S. A oriente e occidente di Costantinopoli. Temi e problemi liturgici di ieri e di oggi. Città di Vaticano 2010, p. 98.
[97] Petrynko, p. 42.
[98] Catalogue of the Greek and Latin Papyri in the John Rylands Library Manchester, III (ed. Roberts C.H.). Manchester 1938, pp. 28-35. Schneider, p. 261. Trypanis, La poesia bizantina, p. 74. Lur’e V. Etapy proniknovenija gimnograficheskikh elementov v strukturu vsenoshchnogo bdenija ierusalimskogo tipa i ee proizvodnye / Vizantinorossika. Sankt-Peterburg 1995, pp. 181, 182ss., 188. Petrynko, p. 44. Vasilik V. Proisxoždenie kanona : bogoslovie, istorija, poetika. Sankt-Peterburg 2006, pp. 136ss. Per di più V. Vasilik avvisa della scoperta del palinsesto greco-georgiano del codice greco 7 della Biblioteca Nazionale Russa, datando il testo greco dello VI sec. Il documento contiene, fra l’altro, i canoni dell’Epifania e della Presentazione del Signore i quali secondo l’autore sono erroneamente attribuiti a Cosma di Maiuma. V. Vasilik invita alla collaborazione dei filologi, paleografi ed altri specialisti per esaminare il palinsesto più profondamente con i mezzi della tecnologia moderna (Novyj istochnik, p. 337). Se la datazione di V. Vasilik sarebbe confermata, dovremmo spostare l’origine del canone almeno ca. 150 anni prima. Vasilik V. Novye materialy po istorii kanona i palestinskoj gimnografii in: Traditions and Heritage of the Christian East (ed. Afinogenov D., Murav’ev A.). Moscow 1996, pp. 180-208. Vasilik V. Novyj istochnik po istorii rannej palestinskoj gimnografii / Byzantinoslavica LVIII (1997) Fasc. 1 (ed. Vavřínek V.), pp. 311-337. Vasilik, Proisxoždenie kanona, pp. 45-46.
[99] Skaballanovič, vol. II, p. 267. Schneider, pp. 266-267. Taft, Mount Athos, pp. 188-189. Vasilik Proisxoždenie kanona, pp. 227-228.
[100] Lampe G.W.H. A Patristic Greek Lexicon. Oxford 1961, p. 702. Theodorus Studita, Poenae Monasteriales, I, 104 / PG 99,1748A. Weyh W. Die Akrostichis in der byzantinischen Kanonesdichtung // BZ 17 (1908), p. 7. Skaballanovič, vol. II, p. 256. Lur’e V. Etapy proniknovenija, p. 193. Vasilik V. Novyj istochnik po istorii rannej palestinskoj gimnografii / Byzantinoslavica LVIII (1997) Fasc. 1 (ed. Vavřínek V.), p. 335.
[101] Schneider, p. 50. Trypanis, La poesia bizantina, p. 74. Lur’e V. Etapy proniknovenija, p. 193. Follieri, Libri liturgici, p. 88.
[102] Trypanis, La poesia bizantina, p. 73.
[103] Lur’e V. Etapy proniknovenija, p. 193. Petrynko, pp. 46, 50.
[104] La lettura delle odi bibliche è rimasta ancor oggi soltanto durante la quaresima. Cfr. Skaballanovič, vol. II, p. 263. Schneider, pp. 265, 266, 499.
[105] Skaballanovič, vol. II, p. 263. Schneider, pp. 263, 265, 266, 499. Beck, Kirche und theologische Literatur, p. 265. Mateos J. La Célébration de la Parole dans la Liturgie Byzantine / Orientalia Christiana Analecta, 191, Roma 1971, pp. 68, 110, 146-147. Trypanis, La poesia bizantina, p. 74. Taft R.F. Oltre l’oriente e l’occidente. Per una tradizone liturgica viva. Roma 1999, p. 214. Petrynko, pp. 47, 50.
[106] Schneider, pp. 265, 266. Dalmais, p. 433. Trypanis, La poesia bizantina, p. 74. Velimirovic, Canticle / NGDMM, III, p. 724. Petrynko, pp. 46, 47.
[107] Trypanis, La poesia bizantina, p. 74. Velimirovic, Canticle / NGDMM, III, p. 724. Follieri, Libri liturgici, p. 88.
[108] Tômadakês N. Eisagôgê eis tên byzantinên filologian, vol. 2. Athênai 1965, p. 64. Detorakis Th. Kosmas ho Melôdos : bios kai ergo. Thessalonikê 1979, p. 149.
[109] Christ, Paranikas Anthologia, p. XXXVI. Wellesz, History, p. 198. Tômadakês Eisagôgê, pp. 63-64. Detorakis, Kosmas, p. 149. Jeffreys E.M. Kanon / The Oxford Dictionary of Byzantium (ed. A. Kazhdan), vol. 2. New York / Oxford, 1991, p. 1102.
[110] Follieri, Libri liturgici, p. 89. Andrea da giovane diventò monaco nel monastero dell’Anastasis. Dell’Osso C. Andrea di Creta / NDPAC 1, p. 288. Cosma prima del vescovato fu il monaco di San Saba. Dell’Osso C. Cosma di Maiuma / NDPAC 1, p. 1206. Giovanni Damasceno dal 705/706 fu il monaco in un monastero a Gerusalemme o ai suoi ritorni. Petrynko, p. 71ss. Studer B. Giovanni Damasceno / NDPAC 2, p. 2229.
[111] Detorakis, Kosmas, p. 150ss.
[112] «Ὅτι δὲ τῶν θείων τούτων ὑμνῳδιῶν πρῶτος αὐτὸς σὺν τῷ ἀδελφῷ Ἰωάννῃ ἐφευρετής, πᾶσι πάντως ἐπιγινώσκεται». Cod. Vatic. Barber. Gr. 583. Detorakis Th. Anekdotos Bios Kosma tou Maiouma / Epetêris tês Hetaireias Byzantinôn Spoudôn 41 (1974), pp. 282-283.
[113] «Πρὸ γὰρ τούτων οὐχ εὕρηταί τις ἕτερος τὰ τῆς νέας μελίσεως ἄσματα καὶ ἀρχαῖς ἐναρμονίοις καθαρμοσάμενος, ἀλλ’ αὐτοὶ ἁπάντων ἡγήσαντο καὶ ἀπ’ αὐτῶν τῶν ἄλλων ἡ πρόοδος γέγονε». Cod.Athen. 321, f. 23r.
[114] «Τὰς μὲν γὰρ χαρμοσύνους ἑορτὰς διὰ χαρμοσύνων μελῶν ἐτίμησαν, πρῶτα γὰρ πάντων Κοσμᾶς ὁ τούτων ἐφευρέτης …» Ἰωσὴφ Φιλάγρης, Κεφάλαιον περὶ τῆς ἡμέρας τῶν Φώτων / cod. gr. Ἁγίας Ἄνδρου, ff. 202r-v.
[115] Detorakis, Kosmas, p. 150.
[116] «Πρῶτος δὴ πάντων τοῦτ’ ἐπενόησε, τὰς τρεῖς φημὶ τῶν ᾠδῶν … ὁ μουσικώτατος καὶ πνευματικὸς τῷ ὄντι νέος Ὀρφεὺς, ὁ μέγας ποιητὴς Κοσμᾶς …» Nikephoros Kallistos Xanthopulos, Synaxaria de triodii festis maioribus /cod. Vindob. theol. gr. 296 (XIV), f. 1v. Hunger H., Lackner W. Katalog der griechischen Handschriften der Österreichischen Nationalbibliothek, 3,3: Codices theologici 201-337 / Museion. Neue Folge, 4. Reihe, Bd. 1, Teil 3/3. Wien 1992, pp. 325-329. Christ, Paranikas Anthologia, p. LXVIII. Émereau C. Hymnographi byzantini / EO 23 (1924), pp. 282-283.
[117] “There are, also, many useful ways of heightening the effect of praise. We must, for instance, point out that a man is the only one, or the first, or almost the only one who has done something, or that he has done it better than any one else ; all these distinctions are honourable”. Aristotle, Rhetorica, I,9 (ed. Roberts W.Rh.) / The Works of Aristotle, vol. XI (ed. Ross W.D.). Oxford 1924, 1368a. Bernard Ph. La dialectique entre l’hymnodie et la psalmodie, des origines à la fin du VIe siècle : bilan des connaissances et essai d’interprétation / Rivista Internazionale di Musica Sacra n.s. 26/1 (2005), pp. 21-22.
[118] Detorakis, Kosmas, p. 51.
[119] Si tratta dell’uso frequente degli acrostici, dell’efimnio, dei dialoghi drammatici ed altri elementi che costituiscono l’eredità dell’inno del contacio. Detorakis, Kosmas, pp. 151-154. Constatiamo, tuttavia, che l’efimnio è gia presente nei tropari del papiro n. 466 della John Rylands Library (VII) [Cfr. Roberts, Catalogue, pp. 32-34], perciò Cosma non potrebbe essere pioniere nell’adattamento dell’eredità del contacioal nuovo genere poetico.
[120] Detorakis, Kosmas, p. 151.
[121] Detorakis, Kosmas, p. 151, 221-226.
[122] Detorakis, Kosmas, p. 151.
[123] Grosdidier de Matons J. Kontakion et Canon. Piété populaire et liturgie officielle à Byzance / Augustinianum 20 (1980), pp. 191-203. Grosdidier de Matons J. Liturgie et Hymnographie: Kontakion et Canon / Dumbarton Oaks Papers 34/35 (1980-1981), pp. 31-43, 42. Vasilik, Proisxoždenie kanona, p. 47. Krivko R. A Typology of Byzantine Office Menaia of the Ninth-Fourteenth Centuries, Moscow 2010, pp. 14-17.
[124] Kollyropoulou, Peri tou problêmatos tês 2° odês tôn kanonôn, pp. 332, 389, 398.
[125] Vasilik, Proisxoždenie kanona, p. 55.
[126] Christ, Paranikas, Anthologia, p. LXIII. Weyh, Die Akrostichis, p. 6. Dalmais, p. 431. Trypanis, La poesia bizantina, pp. 73-74. Follieri, Libri liturgici, p. 88. Petrynko, p. 46.
[127] Il papiro n. 466 della John Rylands Library. Roberts, Catalogue, pp. 28-35.
[128] Christ, Paranikas Anthologia, p. XXXVI. Wellesz, History, p. 198. Tômadakês Eisagôgê, pp. 63-64. Detorakis, Kosmas, p. 149. Jeffreys, Kanon, p. 1102.
[129] Cfr. Detorakis, Kosmas, p. 160.
[130] «Πρῶτος δὴ πάντων τοῦτ’ ἐπενόησε, τὰς τρεῖς φημὶ τῶν ᾠδῶν, εἰς τύπον, οἶμαι, τῆς ἁγίας καὶ ζωαρχικῆς τριάδος ὁ μουσικώτατος καὶ πνευματικὸς τῷ ὄντι νέος Ὀρφεὺς, ὁ μέγας ποιητὴς Κοσμᾶς ἐν τῇ ἁγίᾳ καὶ μεγάλῃ τῶν παθῶν τοῦ κυρίου καὶ θεοῦ καὶ σωτῆρος ἡμῶν Ἰησοῦ Χριστοῦ ἡβδομάδι …» Nikephoros Kallistos Xanthopulos, Synaxaria de triodii festis maioribus / cod. Vindob. theol. gr. 296 (XIV), f. 1v. Hunger H., Lackner W. Katalog der griechischen Handschriften der Österreichischen Nationalbibliothek, 3,3: Codices theologici 201-337 / Museion. Neue Folge, 4. Reihe, Bd. 1, Teil 3/3. Wien 1992, pp. 325-329. Christ, Paranikas, Anthologia, p. LXVIII. Émereau C. Hymnographi byzantini / EO 23 (1924), pp. 282-283. Detorakis, Kosmas, p. 150. Cfr. Nikêforou Kallistou tou Xanthopoulou, Synaxaria eis tas Episêmous heortas, tou Triôdiou, kai tou Pentêkostariou (ed. Ioulianos I.A.). Venezia 1650, p. 1.
[131] I poemi sono esposti in greco ed in italiano nell’Appendice, pp. 206-224.
[132] Christ, Paranikas, Anthologia, pp. 187-201. PG 98, 472-481, 484-488. Eustratiadês S. Kosmas Hierosolymitês ho poiêtês episkopos Maiouma / Nea Siôn,vol. 28 (1933)pp. 414-416. Detorakis, Kosmas, pp. 201-204, 205-212. I poemi minori di Cosma della Settimana Santa (15 idiomela) e i suoi irmi per I, III-V odi del canoneper il Sabato Santo non tratteremo in questa sede. I 15 idiomela: Detorakis, Kosmas, pp. 216-217. Eustratiades, Kosmas, pp. 497-500. Gli irmi I, III-V per il Sabato Santo: Christ, Paranikas, Anthologia, pp. 196-198.
[133] Triôdion katanyktikon : periechon apasan tên anêkousan autô akolouthian tês Hagias kai Megalês Tessarakostês. Roma 1879, pp. 620-622, 632-633, 641-643, 652-655, 675-677, 728-733. Triódion (τριῴδιον sign. il libro degli inni “delle tre odi”) è un libro liturgico che contiene le ufficiature per il ciclo quaresimale e pasquale. Dal sec. XIV il libro viene diviso in due parti chiamati il τριῴδιον κατανυκτικὸν (τριῴδιον) e il τριῴδιον χαρμόσυνον (πεντηκοστάριον). Taft R.F. Triodion / ODB 3, pp. 2118-2119. Cfr. Anthologhion, vol. 4, p. 1084. Cfr. Christ, Paranikas, Anthologia, p. LXXI. Follieri, Libri liturgici, p. 90.
[134] Theodori Prodromi, Commentarios in carmina sacra Melodorum Cosmae Hierosolymitani et Ioannis Damasceni (ed. Stevenson H.M.). Roma 1888, p. XXV. Theodorus Prodromus, Expositio canonum in festa dominicalia conscriptorum a sanctis doctisque poetis Cosma et Joanne Damasceno / PG 133, 1238. Detorakis, Kosmas, pp. 206, 209.
[135] Niceta di Paflagonia ha scritto il commentario sul trop. 2° dell’ode 9° «Δημιουργὸν ὁ πατὴρ πρὸ τῶν αἰώνων σοφίαν» del canone per il Giovedì Santo. Niceta di Paflagonia, Nikêta Epistolê Petrôi anagrafei in: Sakelliôn I. Anekdota hiera / Deltion tês historikês kai ethnologikês Hetaireias tês Hellados, vol. II (1889), pp. 579-581. Detorakis, Kosmas, p. 202.
[136] Michele Psello ha scritto il commentario sull’ultimo tropario del canone per il Giovedì Santo «Ὡς ἄνθρωπος ὑπάρχω οὐσίᾳ, οὐ φαντασίᾳ … » Michael Psellus, Theologica, vol. I (ed. Gautier P.). Leipzig 1989, pp. 47-51.
[137] Gregorio Pardos, metropolita di Corinto ha scritto il commentario sui poemi di Cosma della Settimana Santa: «Ἐξηγήσεις εἰς τοὺς λειουργικοὺς κανόνας Ἰωάννου τοῦ Δαμασκηνοῦ καὶ Κοσμᾶ τοῦ Μελῳδοῦ / Ἀνὰ εἷς εἰς τὰς ἡμέρας τῆς Μ. Ἑβδομάδος τοῦ Κοσμᾶ», che rimane fino ad oggi inedito. Kominês A. Grêgoriou tou Korinthiou, exêgêseis eis tous hierous leitourgikous kanonas Iôannou tou Damaskênou kai Kosma tou Melôdou in: Akten des XI. Internationalen Byzantinistenkongresses München 1958 (ed. Dölger F., Beck H.-G.). München 1960, pp. 248-253, 250. Detorakis, Kosmas, pp. 179, 202, 205-209. I manoscritti più rilevanti secondo Petrynko, pp. 113, 132-137, sono:
1) cod. Vindob. theol. gr. 121 (XII), ff. 62v-96r: Hunger H., Kresten O. Katalog der griechischen Handschriften der Österreichischen Nationalbibliothek, 3,2: Codices theologici 101-200 / Museion. Neue Folge, 4. Reihe, Bd. 1, Teil 3/2. Wien 1984, pp. 66-67.
2) cod. Vat. gr. 1712 (XII), ff. 64v-95v: Giannelli C. Codices Vaticani graeci: codices 1684-1744. Città del Vaticano 1961, p. 78.
3) cod. Vindob. theol. gr. 128 (II metà del XIII), ff. 60v-81v: Hunger, Katalog, 3,2, pp. 101-102.
4) cod. Monac. gr. 226 (XIII-XIV), ff. 35-47: Hardt I. Catalogus codicum manuscriptorum graecorum Bibliothecae Regiae Bavaricae. T. 2 [Cod.graec. 106-233]. München 1806, pp. 474-476.
[138] Teodoro Prodromo ha scritto il commentario edito in parte da Stevenson H.M.: Theodori Prodromi, Commentarios in carmina sacra Melodorum Cosmae Hierosolymitani et Ioannis Damasceni. Roma 1888. La parte concernente degli inni di Cosma per la Settimana Santa rimane fino ad oggi inedita, è soltanto avvisata da Stevenson, p. XXV. In Migne ne è esposta una piccola parte: Theodorus Prodromus, Expositio canonum in festa dominicalia conscriptorum a sanctis doctisque poetis Cosma et Joanne Damasceno / PG 133, 1229-1238. I manoscritti più rilevanti secondo Petrynko, pp. 113, 137-145, sono:
1. cod. Angel. gr. 7 (XII o anche XIV), ff. 5-246 (i fogli non individuati nel catalogo): Muccio G., Franchi de’Cavalieri P. Index codicum graecorum Bibliothecae Angelicae / Studi italiani di filologia classica, 4 (1896), pp. 36-37.
2. cod. Vat. Regin. gr. 31 (1282), ff. 214-299: Stevenson H. Codices manuscripti graeci Reginae Svecorum et Pii Papae II Bibliothecae Vaticanae. Romae 1888, 24-25.
3. cod. Vat. gr. 1603 (XIII), ff. 37v-58: Giannelli C. Codices Vaticani graeci: codices 1485-1683. Città del Vaticano 1950, p. 253.
4. cod. Bodleanus Baroccianus gr. 214 (XIV), (i fogli non individuati nel catalogo): Coxe H.O. Bodleian Library. Quarto Catalogues, I, Greek Manuscripts. Oxford 1853, repr. 1969, p. 374.
[139] Niceforo Callisto Xanthopoulos ha scritto il commentario sull’irmo dell’ode IX «Τὴν τιμιωτέραν» del triodio per il Venerdì Santo. Beck H.-G. Kirche und theologische Literatur im Byzantinischen Reich. München 1959, p. 705. Il codice del monastero di Pantokratoros di Monte Athos n. 118 (XVIII sec.). Lampros S.P. Catalogue of the Greek Manuscripts on Mount Athos, vol. I. Cambridge 1895, p. 104. Detorakis, Kosmas, p. 208.
[140] Nikodêmos Hagiorita, Heortodromion: êtoi hermêneia eis tous asmatikous kanonas tôn despotikôn kai theomitorikôn heortôn. Benetia 1836, pp. 287-416. Detorakis, Kosmas, pp. 202, 205-209.
[141] Codex Athoniensis monasterii Docheiariou 16 (1305). Lampros, CatalogueI, pp. 236, 286. Codex Vaticanus Palatinus gr. 355, ff. 89r, 95r, 98r, 121r (XIV). Pitra J-B., Stevenson H. Codices manuscripti palatini, p. 202. Codex bibliothecae Alexiou Kolyba gr. 33, ff. 44a, 45b, 46b, 52a, (XVIII). Lampros S.P. Katalogos tôn kôdikôn Alexiou Kolyba / Neos hellênomnêmon 12/2 (1915), pp. 233-234. Codex Athoniensis monasterii Panteleêmonos 643, ff. 134a, 137a, 140, 157a, (XIX). Lampros, CatalogueII, p. 409. Codex Vaticanus Palatinus gr. 423 (409), f. 8 (XV). Pitra J-B., Stevenson H. Codices manuscripti palatini, p. 274. Codex Atheniensis 1117 (XVIII). Sakkelliôn, Katalogos, p. 409. Detorakis, Kosmas, pp. 179, 202, 205-209.
[142] Detorakis, Kosmas, pp. 162-164, 203-204, 206, 207, 208.
[143] Michael Psellus, Poemata (ed. Westerink L.G.). Stuttgart, Leipzig 1992, pp. 286-294. Detorakis, Kosmas, p. 202.
[144] Gli efimni di alcune strofe non seguono l’efimnio basilare in modo del tutto preciso, ma formano le deviazioni. In quei casi si espone l’efimnio più frequente.
[145] Vasilik, Proisxoždenie kanona, pp. 220-227. V. Vasilik si fonda su: Lur’e V. Tri tipa rannehristianskogo kalendarja i odno raznochtenie v texte Epistula Apostolorum in: Traditions and Heritage of the Christian East (ed. Afinogenov D., Murav’ev A.). Moscow 1996, pp. 274-275. Jaubert A. La date de la Cène : calendrier biblique et liturgie chrétienne. Paris 1957, pp. 72-75.
[146] Christ W., Paranikas M. Anthologia, p. 195.
[147] Roberts, Catalogue, pp. 30-31, 32.
[148] Boissonade J.Fr. Anecdota graeca e codicibus regiis, vol. ΙΙΙ. Paris 1831, p. 45. Papadopoulos G. Symbolai eis tên historian tês par’hêmin ekklêsiastikês mousikês. Athênai 1890, p. 126. Detorakis, Kosmas, pp. 208-209.
[149] Nikodêmos Hagiorita, Heortodromion, p. 373. Schirò G. La seconda leggenda di Cassia in: Diptycha : Hetaireias Byzantinôn kai Metabyzantinôn meletôn, 1 (1979), p. 314. Tômadakês E-I. Hasmata tou Triôdiou : eranisthenta ek kôdikôn tês katô Italias, vol. II. Athênai 2004, p. 441.
[150] Tômadakês, Hasmata, pp. 441-455. Schirò, La seconda leggenda, pp. 300-315. Cesaretti P. Da Marco d’Otranto a Demetrio. Alcune note di lettura su poeti bizantini del Salento / Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici, N. S. 37 (2000), pp. 183-208. Papadopoulos-Kerameus A. Analekta hierosolymitikês stachyologias ê syllogê anekdotôn, II, Petroupolis 1894, 164-173.
[151] Christ, Paranikas, Anthologia, pp. 196-198.
[152] «οἱ Εἱρμοὶ δὲ γυναικός τινος Κασσίας ὀνομαζομένης». Triôdion katanyktikon : periechon apasan tên anêkousan autô akolouthian tês Hagias kai Megalês Tessarakostês. Roma 1879, p. 728. Schirò, La seconda leggenda, p. 305.
[153] «… ἀλλὰ πολὺ πρότερον, ὡς ἐξ ἀγράφου ἔχομεν παραδόσεως, γυνή τις τῶν εὐπατριδῶν σοφὴ καὶ παρθένος, Κασία τ’ οὔνομα, τοῦ τε μέλους ἀρχηγὸς ἐχρημάτισε καὶ τὸν κανόνα συνεπεράνατο. οἱ δὲ ὕστερον, τὸ μέλος μὲν ἀγασάμενοι, ἀνάξιον δὲ ὅμως κρίναντες γυναικείοις συμμίξαι λόγοις τὰ τοῦ Ἥρωος ἐκείνου Κοσμᾶ μουσουργήματα, τὸ μέλος παραδόντες τῷ Μάρκῳ καὶ τοὺς εἱρμοὺς ἐγχειρήσαντες, τὴν πλοκὴν τῶν τροπαρίων τοὺτῳ μόνῳ ἐπέτρεψαν …». Theodorus Prodromus, Expositio canonum in festa dominicalia conscriptorum a sanctis doctisque poetis Cosma et Joanne Damasceno / PG 133, 1236-1237. Schirò, La seconda leggenda, pp. 305-306.
[154] «… narratiuncula, cui non est cur fidem derogemus». Christ, Paranikas, Anthologia, pp. XLVIII-XLIX.
[155] Gia Teodoro Prodromo appoggiandosi sul passo «ἀλλ’ ἡμεῖς ὡς αἱ νεάνιδες» considerava gli irmi come opera di una donna, cioè di Cassia. Theodorus Prodromus, Expositio canonum in festa dominicalia conscriptorum a sanctis doctisque poetis Cosma et Joanne Damasceno / PG 133, 1237-1238. Qui si tratta semplicemente di una similitudine che non depone affatto che l’autore è una donna. Schirò, La seconda leggenda, pp. 313-314, nota 45.
[156] «Σημείωσαι ὅτι ἐγὼ εὗρον ἐν παλαιοῖς χειρογράφοις Θεοτοκαρίοις Κανόνας πρὸς τὴν Θεοτόκον τοῦ πολλῷ πρὸ τῆς Κασίας ὄντος Ἀνδρέου Κρήτης Εἱρμοὺς ἔχοντας τὸν „Κύματι θαλάσσης“, καὶ τοὺς λοιπούς· καὶ ἀπορῶ». Nikodêmos Hagiorita, Heortodromion, p. 373, nota 1.
[157] Oktôêchos tou en hagiois patros hêmôn Iôannou tou Damaskênou. Roma 1886, pp. 96-104. Schirò, La seconda leggenda, pp. 310ss. Ὀκτώηχος, cioè libro degli “otto toni”, è il libro che contiene inni ordinati in 8 serie settimanali, corrispondenti agli otto toni della musica bizantina. Anthologhion, vol. 4, p. 1082. Follieri, Libri liturgici, pp. 89-90. Christ, Paranikas, Anthologia, p. LXX.
[158] Schirò, La seconda leggenda, pp. 310-311.
[159] Schirò, La seconda leggenda, pp. 312-314. Tômadakês, Hasmata, p. 449. Detorakis, Kosmas, pp. 169-173, 210.
[160] Christ, Paranikas, Anthologia, pp. 196-201.
[161] Papadopoulos-Kerameus A. Analekta hierosolymitikês stachyologias ê syllogê anekdotôn, II, Petroupolis 1894, 164-173.
[162] Tômadakês, Hasmata, p. 444, 451. «θττ» potrebbe essere l’abbreviazione brachigrafica della parola «θειότατον»: Rochow I. Studien zu der Person, den Werken und dem Nachleben der Dichterin Kassia. Berlin 1967, p. 39.
[163] Codice Sinaitico greco New Finds Megalogramma (majuscule) 56, fasc. 24, p. 14 – fasc. 25, p. 2. Ringrazio al prof. Stefano Parenti per farmi accessibile il cod. Sin. gr. NF MG56.
[164] Schirò, La seconda leggenda, p. 314.
[165] Schirò, La seconda leggenda, p. 314. Prodromus, Commentarios, p. XXV. Theodorus Prodromus, Expositio canonum in festa dominicalia conscriptorum a sanctis doctisque poetis Cosma et Joanne Damasceno / PG 133, 1238. Detorakis, Kosmas, p. 209.
[166] Cesaretti, Da Marco d’Otranto a Demetrio, pp. 186-188. Tômadakês, Hasmata, pp. 442-443. Detorakis, Kosmas, p. 210.
[167] Sono i canoni per le feste di Natale, di Epifania e di Pentecoste; la paternità dell’ultimo non è del tutto stabilita. Christ, Paranikas, Anthologia, pp. 205-217. Petrynko, pp. 230, 239, 228. Trypanis, La poesia bizantina, pp. 69, 77. Pitra, Hymnographie de l’Eglise grecque, p. 3. Stevenson H. Du rhythme dans l’hymnographie de l’Église grecque. Paris 1876, p. 8.
[168] Stevenson, Du rhythme, pp. 8-11. Pitra, Hymnographie de l’Eglise grecque, pp. 3-4ss.
[169] Stevenson, Du rhythme, pp. 11-13ss. Cfr. Pitra, Hymnographie de l’Eglise grecque, p. 9.
[170] Stevenson, Du rhythme, pp. 16-17ss, 21.
[171] «Ἰωάννης ὁ Δαμασκηνός, … καὶ οἱ ᾀσματικοὶ κανόνες, ἰαμβικοί τε καὶ καταλογάδην». Suidae Lexicon (ed. Adler A.), II. Lipsiae 1931, p. 649, n. 467. Pitra, Hymnographie de l’Eglise grecque, pp. 4, 31. Stevenson, Du rhythme, p. 11.
[172] Stevenson, Du rhythme, p. 12. «Τοῖς ἐξ ἰάμβων συντεθειμένοις τούτοις ᾄσμασι, δεινότης ἔνεστιν οὐκ οὖσα φαινομένη δέ· ὡς γὰρ ἐμμέτρως γραφέντες, κεκαινοτόμηνται περὶ τὰς λέξεις, ἔστι δ’ ὅτε καὶ περὶ τὰς συντάξεις. Τοῖς δὲ πεζῷ λόγῳ, τῷ ἀμέτρῳ δηλαδή, γεγραμμένοις κανόσι, τῷ τε Χριστὸς γεννᾶται, καὶ τῷ Βυθοῦ, δεινότης πρόσεστιν οὐ φαινομένη οὖσα δε». Gregorio Pardos, Ἐξηγήσεις εἰς τοὺς λειουργικοὺς κανόνας Ἰωάννου τοῦ Δαμασκηνοῦ καὶ Κοσμᾶ τοῦ Μελῳδοῦ, inedito, citato secondo Stevenson, Du rhythme, p. 12, nota 4.
[173] «… αὐτὴν γὰρ τὴν τῶν Χριστοῦ γενεθλίων πανήγυριν, ἣν περέμελψεν ὁ μέγας καὶ θεῖος Κοσμᾶς, δίχα μὲν μέτρου, ἀξιωματικώτατα δὲ ὅμως καὶ ὑψηλότατα, ἐμμέτρως νῦν καὶ δι’ ἰάμβων μεταμέλπεται ὁ Δαμασκηνός …».Prodromus, Commentarios, p. 58. Stevenson, Du rhythme, p. 12.
[174] «… φέρε, μεταβάντες ἀπὸ τῆς θείας Ὑψώσεως τοῦ σταυροῦ περὶ τὴν θειοτέραν καὶ ἀπορρητοτέραν κατὰ σάρκα Γέννησιν τοῦ Σωτῆρος γενώμεθα, καὶ τὸν ἐπ’ ἐκείνῃ γενεθλιαλογηθέντα ὕμνον τῷ θεσπεσίῳ καὶ μουσικωτάτῳ Κοσμᾷ τοῖς ὄχλοις διερμηνεύσωμεν». Prodromus, Commentarios, p. 30. Stevenson, Du rhythme, p. 12.
[175] Pitra, Hymnographie de l’Eglise grecque, pp. 10-11ss. Stevenson, Du rhythme, pp. 23-25.
[176] Cfr. Pitra, Hymnographie de l’Eglise grecque, pp. 14, 18. Stevenson, Du rhythme, p. 42.
[177] Stevenson, Du rhythme, pp. 45-46, 63.
[178] Stevenson, Du rhythme, pp. 46-52, 63. Pitra, Hymnographie de l’Eglise grecque, p. 21.
[179] Stevenson, Du rhythme, pp. 52-58, 63. Sulla rima regolare in versi nell’Inno Acatisto cfr. Averincev S. L’anima e lo specchio. L’universo della poetica bizantina. Bologna 1988, pp. 312, 317-319. Averincev S. Poetika rannevizantijskoj literatury. Moskva 1977, pp. 242, 246-248.
[180] Stevenson, Du rhythme, pp. 58-61, 63. Pitra, Hymnographie de l’Eglise grecque, p. 42. Lamy, Mélodes, in: Stevenson, Du rhythme, pp. 27-28. Cfr. Averincev, L’anima e lo specchio, p. 316. Averincev, Poetika, pp. 245-246.
[181] Stevenson, Du rhythme, p. 63.
[182] Scholia in Dionysii Thracis Artem Grammaticam (ed. Hilgard A.) / Grammatici Graeci, pars I, vol. 3. Leipzig 1901 (Reprint Hildesheim/New York 1979), p. XXXVII.
[183] «… ἐάν τις θέλῃ ποιῆσαι κανόνα, πρῶτον δεῖ μελίσαι τὸν εἱρμόν, εἶτα ἐπαγαγεῖν τὰ τροπάρια ἰσοσυλλαβοῦντα καὶ ὁμοτονοῦντα τῷ εἱρμῷ καὶ τὸν σκοπὸν ἀποσῴζοντα». Commentariolus Byzantinus in: Scholia in Dionysii Thracis Artem Grammaticam (ed. Hilgard A.) / Grammatici Graeci, pars I, vol. 3. Leipzig 1901 (Reprint Hildesheim/New York 1979), p. 569. Pitra, Hymnographie de l’Eglise grecque, pp. 31-32. Pitra J.B. Analecta sacra Spicilegium Solesmensi parata, vol. I. Paris 1876, p. XLVII. Stevenson, Du rhythme, pp. 25-26. Bouvy, Poètes et Mélodes, pp. 270ss. Rentel A. Byzantine and Slavonic Orthodoxy in: Wainwright G. The Oxford History of Christian Worship. Oxford 2006, p. 283. Valiavitcharska V.V. Rhetoric and Rhythm in Byzantine Homilies. Dissertation in the University of Texas at Austin 2007, p. 174.
[184] Bouvy, Poètes et Mélodes, pp. 273, 274. Stevenson, Du rhythme, p. 33. Lamy, Mélodes, in: Stevenson, Du rhythme, pp. 27-28. Petrynko, p. 239. Sull’isosillabismo e sull’omotonia nell’Inno Acatisto cfr. Averincev, L’anima e lo specchio, pp. 316, 317. Averincev, Poetika, pp. 245-246.
[185] Bouvy, Poètes et Mélodes, p. 273. Pitra, Analecta sacra, I, p. XLIX. Jeffreys E.M. Poetry, Ecclesiastical / ODB 3, p. 1689.
[186] Cfr. Bouvy, Poètes et Mélodes, pp. 273, 282, 298-299, 353. Stevenson, Du rhythme, pp. 29, 31, 35. Cfr. Jeffreys, Poetry, Ecclesiastical / ODB 3, p. 1689.
[187] Petrynko, p. 239.
[188] Jeffreys, Poetry, Ecclesiastical / ODB 3, p. 1689.
[189] Bouvy, Poètes et Mélodes, pp. 274-275.
[190] Christ, Paranikas, Anthologia, p. 188.
[191] Bouvy, Poètes et Mélodes, p. 283.
[192] Christ, Paranikas, Anthologia, pp. 195-196.
[193] Le 14 caratteristiche più importanti sono esposte in Lamy, Mélodes,in: Stevenson, Du rhythme, p. 28.
[194] Cfr. Bouvy, Poètes et Mélodes, p. 356. Christ, Paranikas, Anthologia, pp. 201, 189, 194-195.
[195] Cfr. Bouvy, Poètes et Mélodes, p. 360.
[196] Christ, Paranikas, Anthologia, p. 190.
[197] Christ, Paranikas, Anthologia, p. 193.
[198] Christ, Paranikas, Anthologia, p. 195.
[199] Christ, Paranikas, Anthologia, p. 192.
[200] Stevenson, Du rhythme, p. 52. Christ, Paranikas, Anthologia, pp. 198-199.
[201] Detorakis, Kosmas, pp. 207-208.
[202] Christ, Paranikas, Anthologia, p. 189. Stevenson, Du rhythme, pp. 42-43. Jeffreys M.J. Dodecasyllable / ODB 1, p. 643.
[203] Infatti, secondo le regole del dodecasillabo bizantino l’accento del «ψαλῶ» deve essere spostato sulla penultima sillaba.
[204] Christ, Paranikas, Anthologia, pp. 187-196, 198-201. Theodori Prodromi, Commentarios in carmina sacra Melodorum Cosmae Hierosolymitani et Ioannis Damasceni (ed. Stevenson H.M.). Roma 1888, p. XXV. Theodorus Prodromus, Expositio canonum in festa dominicalia conscriptorum a sanctis doctisque poetis Cosma et Joanne Damasceno / PG 133, 1238. Detorakis, Kosmas, pp. 206, 209.
[205] Christ, Paranikas, Anthologia, p. 187.